ROMA. Un film sul Papa «che non sarà un santino. La sfida è andare oltre una figura già quasi santificata, per raccontare l'essere umano e i punti di svolta nella sua vita». Così Daniele Luchetti ha concepito 'Chiamatemi Francesco', il biopic su Jorge Bergoglio (interpretato nella giovinezza dall'argentino Rodrigo De la Serna e nella maturità dal cileno Sergio Hernandez), sul set a Roma in questi giorni. Una produzione, firmata Taodue, da 12-13 milioni di euro, girata in spagnolo, che arriverà in sala il 3 dicembre con Medusa e in seguito anche in tv.
«Era importante uscire poco prima del Giubileo e del compleanno del Papa - dice il produttore Pietro Valsecchi -. Mi piacerebbe l'anteprima fosse a Washington o in Vaticano, nella sala Nervi, come avevamo fatto per la miniserie su Wojtyla». La lavorazione di 17 settimane, tra Argentina (Buenos Aires e Cafayate), Germania (Augsburg) e Italia (Roma e Torino), si concluderà il mese prossimo. «Il nostro non è un instant movie - precisa Valsecchi -. La preparazione è durata oltre un anno, tra ricerche e varie versioni della sceneggiatura, realizzate raccogliendo in Argentina tante testimonianze di chi l'ha conosciuto, dai suoi allievi ai preti di strada». Nel set romano, in un appartamento all'Eur, Luchetti è impegnato a girare un'intensa scena tra Esther Ballestrino (Mercedes Moran), grande amica del Papa, intellettuale marxista, tra le fondatrici delle Madri di Plaza de Mayo, poi uccisa dal regime di Videla, e sua figlia 16enne, incinta, ferita e tremante, appena rilasciata dai militari. «La prima volta in cui ho prestato attenzione a Bergoglio è quando ha detto quella frase sui gay ('Chi sono io per giudicare un gay', ndr) - spiega Luchetti prima di tornare a girare -. Mi ha commosso, perchè ho capito che a quell'apertura della Chiesa ne sarebbero seguite altre altrettanto forti. Stava parlando da contemporaneo a contemporanei, stava compiendo un passo verso la realtà. È un Papa che sa trasmettere emozioni anche al mondo laico».
Nel percorso della vicenda umana e spirituale di Bergoglio, dalla giovinezza all'elezione del soglio pontificio nel 2013, si racconta, fra gli altri, anche l'incontro negli anni '60 del giovane Jorge con Borges, da lui invitato per una lezione nel collegio dove insegna, suscitando scandalo. Ci si sofferma a lungo sul periodo della dittatura in Argentina, in cui l'allora padre provinciale dei Gesuiti argentini deve trovare una strada per salvare più persone possibili. Si segue poi Bergoglio nel periodo in Germania e nel ritorno in Argentina, con l'apostolato nelle favelas. Passando per il Conclave del 2005, con le polemiche per l'uscita del libro di Horacio Verbitsky che lo accusava di essere stato colluso con il regime, fino al Conclave di due anni fa. Il punto focale «che mi ha convinto a fare il film è stata una testimonianza di Bergoglio a un processo sui desaparecidos, di dieci anni fa. Lì ho capito che allora era ancora una persona lontana da quella che conosciamo, sentiva ancora la pressione dei drammi nella sua vita - dice il regista -. Ho usato quello come punto di partenza, seguendo il suo racconto di quegli anni».
'Chiamatemi Francesco' «è una biografia ipotetica che ricompongo scegliendo eventi reali e incontri importanti come quelli con Esther, con il padre spirituale Franz Jalics (Alexander Brendemuhl), uno dei due gesuiti sequestrati durante la dittatura, e un'altra sua grande amica, Alicia Oliveira (Muriel Santa Ana) prima donna giudice in Argentina». Questo «non sarà un film religioso, ma su una persona per cui la religione è stata motivo di vita, di speranza, forza e che l'ha comunicata agli altri». Per la giovinezza e la maturità del protagonista «ho voluto due attori diversi, De La Serna (del quale si era parlato anche per un progetto su Bergoglio di Alejandro Agresti, ndr) e Sergio Hernandez (Gloria), perchè non mi piacciono i film in cui il personaggio a un certo punto si ricopre di silicone. Sono entrambi straordinari, sanno evocare Bergoglio pur non assomigliandogli. Li ho fatti anche provare insieme... ho avuto due Papi a casa per qualche giorno». Ha pensato di incontrare il pontefice prima di girare? «No, perchè non volevo essere influenzato da come lui è oggi, però è al corrente del progetto» dice Luchetti. «È una sfida raccontare una persona che poi sai vedrà e giudicherà - sottolinea Valsecchi - ma abbiamo la coscienza a posto. Comunque il Papa il mio numero ce l'ha».
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