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Il Papa in Ungheria: è triste vedere le porte chiuse ai migranti

"Fratelli e sorelle, essere in uscita significa per ciascuno di noi diventare, come Gesù, una porta aperta. È triste e fa male vedere porte chiuse: le porte chiuse del nostro egoismo verso chi ci cammina accanto ogni giorno; le porte chiuse del nostro individualismo in una società che rischia di atrofizzarsi nella solitudine; le porte chiuse della nostra indifferenza nei confronti di chi è nella sofferenza e nella povertà; le porte chiuse verso chi è straniero, diverso, migrante, povero".

Lo ha detto papa Francesco nell'omelia della messa in Piazza Kossuth Lajos, a Budapest.  "E perfino le porte chiuse delle nostre comunità ecclesiali - ha proseguito il Pontefice -: chiuse tra di noi, chiuse verso il mondo, chiuse verso chi 'non è in regola', chiuse verso chi anela al perdono di Dio". "Per favore: apriamo le porte!", ha aggiunto, "Cerchiamo di essere anche noi - con le parole, i gesti, le attività quotidiane - come Gesù: una porta aperta, una porta che non viene mai sbattuta in faccia a nessuno, una porta che permette a tutti di entrare a sperimentare la bellezza dell'amore e del perdono del Signore". "Ripeto questo soprattutto a me stesso, ai fratelli vescovi e sacerdoti: a noi pastori", ha detto ancora Francesco. "Perché il pastore, dice Gesù, non è un brigante o un ladro; non approfitta, cioè, del suo ruolo, non opprime il gregge che gli è affidato, non 'ruba' lo spazio ai fratelli laici, non esercita un'autorità rigida". "Incoraggiamoci ad essere porte sempre più aperte: 'facilitatori' della grazia di Dio, esperti di vicinanza", ha esortato. "Lo dico anche ai fratelli e alle sorelle laici, ai catechisti, agli operatori pastorali, a chi ha responsabilità politiche e sociali, a coloro che semplicemente portano avanti la loro vita quotidiana, talvolta con fatica: siate porte aperte", ha concluso il Papa. "Lasciamo entrare nel cuore il Signore della vita, la sua Parola che consola e guarisce, per poi uscire fuori ed essere noi stessi porte aperte nella società. Essere aperti e inclusivi gli uni verso gli altri, per aiutare l'Ungheria a crescere nella fraternità, via della pace".

L'abbraccio con i profughi, in gran parte espatriati dalla vicina Ucraina, è stato il momento centrale del secondo giorno del Papa in Ungheria. Ma intanto, nel campo dei rapporti con la Chiesa ortodossa russa, Francesco incontra in Nunziatura il metropolita Hilarion, l'ex 'ministro degli Esteri' del patriarca Kirill, rimosso nel giugno 2022 per aver espresso riserve sull'invasione russa dell'Ucraina e da allora metropolita di Budapest e Ungheria. L'incontro "dal tono cordiale", riferisce la Sala stampa vaticana, è durato circa 20 minuti. Presente anche il nunzio apostolico, monsignor Michael Banach. Per l'incontro di Francesco con i poveri e i rifugiati, l'ottocentesca chiesa di Santa Elisabetta d'Ungheria, in Piazza delle Rose, nello storico quartiere ebraico di Budapest, è gremita di 600 persone: oltre a un gruppo di rom ungheresi, i profughi, portati dalla Caritas e altre organizzazioni cattoliche tra cui Sant'Egidio, provengono per lo più dall'Ucraina. Altri invece da paesi come Pakistan, Afghanistan, Iraq, Iran, Nigeria, Sud Sudan.

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