In mezzo all’immane tragedia del terremoto che ha devastato la zona al confine tra Turchia e Siria, lei, battezzata Aya - che in arabo vuol dire miracolo - è diventata il simbolo della vita che vince su morte e devastazione: mentre il calcolo delle vittime nei due Paesi supera quota 23.000, da tutto il mondo è partita una corsa per adottare la piccola, trovata viva, appena nata e ancora attaccata con il cordone ombelicale alla madre, uccisa dal sisma nel nordovest della Siria insieme anche al padre di Aya e ai suoi quattro fratelli.
La piccola è in ospedale a Afrin, dove si trova in condizioni stabili. Il direttore dell’ospedale Khalid Attiah ha ricevuto decine di chiamate da tutto il mondo con offerte per prendersi cura di lei. Ma lui, che ha una figlia di quattro mesi più grande di Aya, ha detto: «Non permetterò a nessuno di adottarla ora. Fino al ritorno di suoi lontani parenti, la tratterò come una della mia famiglia». Letteralmente: sua moglie la sta allattando, insieme alla loro bambina.
L’enormità della catastrofe è ben rappresentata da quanto sta accadendo a Nurdagi, in Turchia, dove non c’è più posto e neanche tempo per seppellire i cadaveri, ammassati sui camion e in fosse senza nome, così come ad Afrin in Siria. Ma nonostante le ore facciano scemare la speranza di trovare qualcuno ancora vivo, i soccorritori continuano comunque a compiere qualche ’miracolò. E’ il caso della squadra spagnola che proprio a Nurdagi ha estratto vivi un bimbo e una bimba dalle macerie; poco dopo, anche la madre dei due bimbi è stata salvata. O come il 17enne Adnan Muhammed Korkut, uscito vivo stamattina dalle macerie di un edificio crollato nella città turca di Gaziantep, dopo essere rimasto intrappolato per 94 ore. Il ragazzo ha detto di essere stato costretto a bere la propria urina per placare la sete. Mentre Ayşe Mustafa, siriana di 15 anni, è stata salvata dopo 103 ore dal terremoto, sotto le macerie di un appartamento nella provincia di Kahramanmaras.
Stamane sono stati trovati i corpi della famiglia italiana di origine siriana che risiedeva in Lombardia, si cerca ancora il veneto Angelo Zen, come sottolineato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Ma per molti, le violente scosse - che hanno modificato 35.000 km quadrati di territorio tra i due stati - non hanno lasciato scampo: una famiglia di quattro persone del Queens, New York. Burak Firik, che aveva lasciato il lavoro e New York per viaggiare con sua moglie Kimberly e i loro due bambini di 1 e 2 anni, era volato dai parenti a Elbistan. Anche sua madre non ce l’ha fatta mentre il padre si è salvato: era nella sua auto e ha visto l’edificio crollare, con tutta la sua famiglia, davanti ai suoi occhi.
Intanto, la gara di solidarietà dal tutto il mondo, con aiuti e squadre d’emergenza non si ferma, mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in visita nelle zone disastrate nota che le operazioni «non stanno procedendo così velocemente come sperato». Dopo le dure critiche dei primi giorni post-sisma sulla macchina dei soccorsi turca, il presidente ha affermato che il governo ha ora riunito «forse la più grande squadra di ricerca e soccorso del mondo» composta da 141.000 persone impegnate in 10 province colpite.
E anche se con riluttanza, i conflitti lasciano un pò di spazio a chi tenta di salvare vite: il Pkk, partito dei lavoratori curdi considerato terrorista da Ankara ha sospeso le sue operazioni in Turchia, mentre gli Usa hanno alleggerito le sanzioni contro il regime siriano del presidente Bashar al Assad, consentendo «gli sforzi di soccorso». Damasco, intanto, si è detta pronta a inviare tramite la Mezzaluna rossa un convoglio di aiuti umanitari - finora esclusi - alle zone del nord-ovest fuori dal controllo governativo e in mano a insorti cooptati dalla Turchia (che hanno bloccato da giorni convogli partiti dalle zone sotto il controllo curdo). E sulla drammatica situazioni in Siria, dove centinaia di migliaia di persone non hanno più neanche una tenda dove ripararsi, è intervenuta l’Onu: l’Alto Commissario per i diritti umani Volker Turk ha chiesto “un cessate il fuoco immediato» in Siria per facilitare gli aiuti. E dal Palazzo di Vetro arriva anche un altro allarme: 874 mila persone rischiano di restare senza cibo.
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