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Esplode un'auto, muore la figlia dell'ideologo di Putin: i dirigenti russi accusano Kiev

La figlia di Aleksandr Dugin, il filosofo ultranazionalista tra gli ideologi della «rivoluzione conservatrice» della Russia di Putin, è stata uccisa da un’autobomba a una cinquantina di chilometri da Mosca, in un attentato che per gli inquirenti è stato compiuto «su commissione». I primi sospetti si sono rivolti verso Kiev, che ha negato ogni responsabilità.  Daria Dugina aveva 30 anni, era commentatrice politica.

Secondo conoscenti e amici della vittima, citati dai media russi, Dugin - fin dall’inizio accanito sostenitore dell’offensiva del Cremlino in Ucraina - era il vero bersaglio: la figlia aveva preso in prestito la sua auto (una Toyota Land Cruise) e lo stesso Dugin non è salito a bordo all’ultimo minuto, seguendo invece la figlia sull'auto di un amico. Le immagini dal luogo dell’esplosione lo mostrano in piedi davanti all’auto in fiamme, con le mani tra i capelli.

Padre e figlia avevano partecipato al festival Tradizione, nella località di Zakharovo. Durante il festival, l’auto era parcheggiata nell’area Vip, dove si ritiene sia stato piazzato l’ordigno. Secondo la testata russa Lenta.ru, le telecamere di sorveglianza sul posto non funzionavano. I Dugin stavano rientrando a Mosca quando il Suv su cui viaggiava Daria è esploso e poi andato in fiamme nei pressi del villaggio di Bolshie Vyzyomy. La ragazza è morta sul colpo, mentre il padre - secondo l’ex consigliere del presidente Putin, Serghei Markov - è stato poco dopo ricoverato in ospedale.

Aleksandr Dugin, consigliere di diversi politici, è un filosofo russo noto per le sue opinioni anti-occidentali, di estrema destra e «neo-eurasiatiche». Negli ultimi anni è stato definito dai media occidentali come uno degli ispiratori della politica estera di Vladimir Putin, mentre la stampa russa lo considera una «figura marginale» per le sue opinioni «ritenute troppo radicali anche dai nazionalisti». Nel 2014 - riporta Russia Today - è stato licenziato dall’Università statale di Mosca dopo il suo appello a «uccidere, uccidere, uccidere» gli ucraini.

Il potente capo del Comitato investigativo russo, Aleksandr Bastrykin, ha preso personalmente in mano le indagini sull'omicidio. Si stanno valutando «tutte le versioni» per determinare la responsabilità dell’accaduto: per ora gli inquirenti hanno fatto sapere che l’ordigno esplosivo era piazzato sotto il sedile del conducente e che l’attentato è avvenuto «su commissione». Le ipotesi che circolano vanno da una vendetta ucraina, a un regolamento di conti all’interno dell’élite russa. Diversi dirigenti russi filo-Cremlino accusano Kiev di aver commissionato l’omicidio di Darya Dugina, figlia dell’ideologo di Putin, Aleksandr Dugin, saltata in aria sull'auto del padre la scorsa notte a Mosca. Lo scrive il Guardian. Il leader dell’autoproclamata filorussa Repubblica di Donetsk, nel Donbass, Denis Pushilin, sul suo account su Telegram, ha apertamente accusato l’Ucraina: «Vigliacchi infami! I terroristi del regime ucraino, nel tentativo di eliminare Aleksandr Dugin hanno fatto saltare in aria sua figlia. «Se la pista ucraina sarà confermata dalle autorità competenti», ha scritto su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, «si tratterà di terrorismo di Stato da parte del regime di Kiev». Dalla presidenza ucraina, il consigliere Mikhailo Podolyak ha respinto le accuse: «Non abbiamo nulla a che fare. Non siamo uno Stato criminale, come la Federazione russa, e tanto meno uno Stato terrorista», ha dichiarato Podolyak alla tv ucraina.

Dugina - giornalista classe 1992 e collaboratrice di testate come Russia Today e la tv ortodossa Tsargrad - ha apertamente sostenuto l’offensiva in Ucraina e svolgeva un intenso impegno intellettuale nella scia del padre. A luglio la Gran Bretagna l’ha inserita nella blacklist dei sanzionati per diffusione di disinformazione sulla guerra.

Sessant'anni, fluente in diverse lingue tra cui l’italiano, Dugin è tra i promotori dell’idea del «mondo russo», l’unificazione dei territori di lingua russa in un vasto nuovo impero russo, alla base, tra le altre cose, della giustificazione ideologica dell’invasione dell’Ucraina. È anche esponente della corrente eurasista del nazionalismo russo, che promuove la creazione di una superpotenza attraverso l’integrazione della Russia con le ex Repubbliche sovietiche. Spesso chiamato in Occidente «il Rasputin di Putin» o l’«ideologo di Putin», la sua reale vicinanza e influenza sul leader del Cremlino è spesso messa in dubbio in Russia e i loro rapporti rimangono opachi. Dugin - vicino all’ex collaboratore del leader della Lega Matteo Salvini, Gianluca Savoini, che nelle sue trasferte a Mosca lo ha incontrato spesso - era già nell’elenco delle sanzioni occidentali fin dal 2015, per il suo presunto ruolo nell’annessione della Crimea l’anno precedente.

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