Radere al suolo l’acciaieria Azovstal, l’ultimo avamposto della resistenza ucraina a Mariupol: sarebbe questo, secondo Kiev, l’ordine finale impartito da Mosca alle sue truppe per ottenere la resa di quel che resta della città martire, dopo quasi due mesi d’assedio. Bombe super potenti sarebbero già state lanciate nei tunnel dell’impianto siderurgico, ormai quasi completamente distrutto, dove si nascondono uno sparuto manipolo di combattenti e un migliaio di civili.
E con la stretta decisiva su Mariupol è iniziata la fase due dell’offensiva russa nel Donbass: una pioggia di fuoco lungo un fronte di 480 chilometri nel sud-est per vincere a tutti i costi. Anche se, ha assicurato il ministro Sergei Lavrov, non sarà utilizzata l’arma nucleare.
L’ordine di distruggere l’area di Azovstal è stato reso noto dall’intelligence ucraina, che ha diffuso l’intercettazione di una telefonata in cui ne parla un militare russo. «Stanno preparando sorprese da tre tonnellate dal cielo», hanno affermato gli 007 di Kiev. E le sorprese sarebbero arrivate, sotto forma di bombe FAB-3000 anti-bunker ad alto potenziale esplosivo.
Il reggimento Azov, che difende l’impianto con combattenti stranieri e alcune unità di marines (un migliaio di militari in tutto), ha denunciato che questi super ordigni sono stati sganciati sotto la gigantesca rete di tunnel di epoca sovietica. Nonostante nel sottosuolo si nascondessero almeno mille civili, per lo più donne e bambini. Dopo aver tentato un assalto all’acciaieria con le forze speciali, i russi hanno lanciato un nuovo ultimatum agli ucraini, aprendo un corridoio umanitario per chi si fosse arreso, in «totale sicurezza». Gli ultimi difensori di Mariupol non hanno ceduto, ma hanno ammesso che l’acciaieria è «quasi completamente distrutta». E denunciato che ci sono «civili sotto le macerie».
Nel caos di ore drammatiche, il parlamentare ucraino Sergiy Taruta ha parlato di 300 persone rimaste sepolte sotto i detriti di un ospedale nei pressi dell’acciaieria colpito da un raid russo. Subito dopo, però, il consigliere del sindaco di Mariupol, Petro Andryushchenko, ha assicurato che «da molto tempo nessuno si nasconde nella zona, soprattutto nell’edificio dell’ospedale, che era stato distrutto in precedenza».
In attesa di prendere definitivamente Mariupol, i russi hanno dato il via all’offensiva più temuta da Kiev, quella per prendere il controllo di tutto il Donbass. Dopo settimane di preparazione, con l’ammassamento di truppe (circa 80 battaglioni), mezzi corazzati e pezzi di artiglieria. È stato ancora Lavrov ad annunciare ufficialmente l’inizio della «seconda fase dell’operazione speciale in Ucraina», mentre la Difesa di Mosca ha comunicato che in una notte una raffica di «missili ad alta precisione» ha colpito 13 obiettivi ucraini in alcune zone della regione, compresa la città chiave di Slovyansk, e altri raid si sono abbattuti su «60 strutture militari», anche in città vicine alla linea del fronte orientale. Lungo un tratto di 480 chilometri, da Kharkiv fino a Kherson e Mykolaiv.
«È iniziata la battaglia del Donbass», ha confermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, mentre il governatore del Luhansk Sergei Gaidai ha parlato di una situazione «infernale», con «combattimenti incessanti a Rubizhne e Popasna e in altre pacifiche città». I russi hanno già ottenuto un primo successo, conquistando Kreminna: una cittadina a cinquanta chilometri dalla strategica Kramatorsk, uno dei più centri più grandi della regione. Gli scontri sono infuriati in tutto il sud-est. Gli ucraini hanno rivendicato di aver respinto almeno 7 attacchi nel Donbass ma hanno ammesso: i russi «stanno arrivando da tutte le parti, bombardamenti più massicci sulle nostre città, lungo l'intera linea di difesa». Secondo Londra, si va verso una guerra «di logoramento che potrebbe durare diversi mesi». Con «Putin determinato a vincere a prescindere dai costi umani».
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