«Ero a Milano da due mesi, vivevo in una stanza, e nonconoscevo nessuno - ha rievocato Allevi - davo una mano in ungrande ristorante, dove la padrona mi aveva preso a benvolere esapeva che ero un musicista. Così mi convinse a servire ad unacena di pezzi grossi della classica, una sera, nonostante io nonavessi alcuna esperienza, per avere la possibilità di parlarecon Muti, che sarebbe stato presente».
Allevi spiega di averconsegnato, con grande emozione, il cd a Muti «durantel’arrosto, che è la portata, mi rivelò Pietro, il cameriereesperto a cui la padrona mi aveva affiancato, ’in cui gli ospitisi rilassanò. Mi presentai, dissi a Muti che non ero camerierema musicista, e gli misi in mano 13 dita. Lui sorrise, mipresentò a tutti gli altri, io ero emozionatissimo e dopo pocofuggii in cucina». Alla fine della cena però, conclude Allevi,«Muti se ne andò lasciando il mio disco sul tavolo. Certo, ci fudelusione, ma non più di tanta: contava, soprattutto, ilcoraggio e la passione che avevo messo nel compiere questogesto».
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