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Marsala, inflitte condanne per 166 anni a 13 boss e favoreggiatori di Messina Denaro: coinvolti i cognati

Condanne per complessivi 166 anni di carcere (esattamente quanti ne avevano invocati i pm della Dda di Palermo) sono state inflitte dal Tribunale di Marsala (presidente Saladino) ai tredici imputati del processo scaturito dall’operazione antimafia «Annozero» (blitz del 19 aprile 2018). Un’indagine condotta dai carabinieri che ha visto coinvolti presunti mafiosi, tra i quali anche due cognati del superlatitante Matteo Messina Denaro (Gaspare Como e Rosario Allegra, quest’ultimo deceduto il 13 giugno 2019, a 65 anni, a seguito di un aneurisma cerebrale, nell’ospedale di Terni) e fiancheggiatori di Cosa Nostra nel Belicino.

Le pene più severe (25 anni di carcere ciascuno) sono state sentenziate per Gaspare Como, al quale si contesta un ruolo di vertice nella famiglia di Castelvetrano, e per Dario Messina, ritenuto dagli inquirenti il nuovo reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo (mandamento che comprende anche la più grande città della provincia di Trapani: Marsala). Queste le altre pene inflitte: 21 anni per Vittorio Signorello, anche lui di Castelvetrano, 18 anni per Bruno Giacalone, di Mazara del Vallo, 17 anni ciascuno per Vito Bono, di Campobello di Mazara, e per il mazarese Giovanni Mattarella, genero del defunto boss Vito Gondola, detto “Coffa», 16 anni per il castelvetranese Carlo Cattaneo. Quest’ultimo, operante del settore delle sale giochi e scommesse on line, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Infine, 7 anni di carcere per il campobellese Giuseppe Accardo, 4 anni e 4 mila euro di multa per l’ex consigliere comunale di Castelvetrano Calogero «Lillo» Giambalvo, e 4 anni ciascuno per Carlo Lanzetta, Nicola Scaminaci, Giuseppe Tommaso Crispino e Maria Letizia Asaro. Tra le parti civili, anche i comuni di Castelvetrano e Campobello di Mazara, ai quali è stato accordato un risarcimento danni di 10 mila euro ciascuno. Comminate anche pene accessorie e disposte confische di beni, quote societarie e conti correnti, nonché distruzione di armi sequestrate. Tra le accuse a vario titolo contestate agli imputati, oltre all’associazione mafiosa, anche l’estorsione, i danneggiamenti, il trasferimento fraudolento di valori e il favoreggiamento. Nell’indagine, è emerso anche l’interesse della mafia nel settore delle scommesse on line. A sostenere l’accusa sono stati i pm della Dda di Palermo Francesca Dessì e Gianluca De Leo.

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