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A Udine Abisso fischia la fine: a Napoli il Maradona esplode di gioia e nelle piazze scatta la festa

La lunga attesa finisce qui. Dopo la mezza delusione per il pareggio con la Salernitana e dopo aver sperato inutilmente che il Sassuolo bloccasse la Lazio, cucendo indirettamente lo scudetto sulle maglie azzurre del Napoli, la squadra di Spalletti va a prendersi il tricolore a Udine, agguantando lo scudetto con cinque giornate d’anticipo.

«Napoli Campione d’Italia», c'è scritto sull'enorme striscione che viene srotolato a Palazzo San Giacomo, la sede del Comune. Mentre la partita è in corso la città è deserta, improvvisamente svuotata. I tifosi si riuniscono in alcuni punti strategici, luoghi simbolo di Napoli, come piazza del Plebiscito, piazza Carità, piazza Vittoria, il lungomare Caracciolo, il largo Maradona - tempio laico del tifo azzurro - dove le gente si accalca davanti ai televisori dei bar per assistere alla partita e per tifare. Ma sono anche tante le stradine, i vicoli dei rioni più popolari, della Sanità, dei Quartieri Spagnoli, di Forcella, solitamente affollati in ogni ora del giorno e della notte, che appaiono vuote e spettrali.

In cinquantamila, però, tutti insieme, vivono una serata che sperano storica, allo stadio Maradona: una partita surreale quella che assistono lì, su otto maxischermi istallati per l'occasione. Ed è quando l’arbitro Abisso fischia la conclusione della partita che tutta l’ansia, l’inquietudine dell’attesa, il tormento per un risultato che pareva non volesse arrivare mai si scioglie in pochi attimi. La festa può finalmente cominciare.

Lo stadio Maradona esplode in un boato assordante, e lo stesso succede in tutti i quartieri: è una gioia incontenibile, rumorosa, un fragore perfino superiore a quello della notte di Capodanno, per la conquista del terzo scudetto della storia. Centinaia di migliaia di persone scendono in strada tutte insieme e puntano verso il centro sventolando bandiere azzurre, cantando i cori dello stadio.

Si vedono le stesse scene vissute nel 1987 e nel 1990, in occasione della vittoria dei due primi scudetti. Il cielo buio della città è illuminato dalle scie dei fuochi d’artificio che si accendono dappertutto, caratterizzando, come è consuetudine per i napoletani, un momento di festa e di gioia collettiva. I tifosi del Napoli si mischiano, condividendo il loro travolgente entusiasmo, con le migliaia di turisti italiani e stranieri, tantissimi dei quali indossano per questa occasione speciale le magliette azzurre dei giocatori del Napoli, acquistate sulle bancarelle che punteggiano ogni angolo di strada, al centro come in periferia. La differenza questa volta è nel fatto che per motivi di ordine pubblico è stata istituita una zona rossa che in pratica copre tutto il centro cittadino, nella quale è vietato entrare con macchine e motorini. Ed allora la gente si arrangia, a piedi. I mezzi pubblici sono pochi e quelli che circolano vengono presi d’assalto da chi vuole spostarsi dalle zone più periferiche verso il centro dove vive il cuore pulsante della festa scudetto. Sventolano a migliaia le bandiere, suonano le trombe, si accendono i fumogeni, la gente, vestita d’azzurro, stringe in mano le sciarpe camminando lungo le strade attraversate da migliaia di festoni e vessilli sbattuti dal vento.

A mano a mano che passa il tempo anche una buona parte dei tifosi presenti al Maradona raggiunge il centro della città per prendere parte al rito collettivo. Ma questo è solo l’inizio di una festa che durerà a lungo, in attesa del ritorno della squadra da Udine, previsto per domani, e dell’appuntamento allo stadio di domenica, quando il Napoli giocherà con la Fiorentina e arriverà il momento di tributare finalmente il riconoscimento ai calciatori, i veri protagonisti del successo, nel luogo simbolo della straordinaria cavalcata che ha portato alla conquista del tricolore.

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