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Le accuse di Zeman sul doping alla Juve e la dura replica di Vialli: «Sei un terrorista»

La tragica e prematura scomparsa di Gianluca Vialli, ex attaccante di Cremonese, Sampdoria, Juventus e Chelsea morto oggi a Londra a 58 anni stroncato da un tumore al pancreas contro cui lottava da 5 anni, riporta alla ribalta la querelle che nel 1998 contrappose l’attaccante di Cremona all’allora tecnico della Roma, Zdenek Zeman.

Il boemo ha a lungo vissuto a Palermo, portato in Sicilia dallo zio Čestmír Vycpálek, ex giocatore di Juventus e Palermo e poi allenatore della stessa squadra bianconera. Vycpálek viveva a Palermo, dove poi morì nel 2002. Il nipote Zeman da giovane aveva cominciato la sua carriera di allenatore dalle giovanili del Palermo. Nel corso della sua carriera ebbe diversi momenti di frizione, il più noto dei quali fu proprio quello legato al doping. Il tecnico accusò Vialli e la società bianconera di avere usato sostanze illecite (o comunque pericolose per la salute) per potenziare la muscolatura.

«Le esplosioni muscolari di alcuni calciatori? È uno sbalordimento che comincia con Gianluca Vialli e arriva fino ad Alessandro Del Piero - disse Zeman in un’intervista all’Espresso - io che ho praticato diversi sport pensavo che certi risultati si potessero ottenere soltanto con il culturismo, dopo anni e anni di lavoro specifico».

Accuse pesanti che Zeman muoveva al sistema e non a Vialli perché, disse l’ex preparatore atletico boemo diventato allenatore, era a rischio la salute degli atleti. E oggi le sue parole assumono un significato particolare: «Bisogna evitare che il campionato diventi come il Tour. Anch’io ho ricevuto molti depliants pieni di farmaci. Farmaci che forse non provocano danni, ma - sottolineava Zeman - chi può escludere che le conseguenze per gli atleti non si manifestino a distanza di anni? Il problema è che i giocatori sono condizionati dagli interessi del momento e non si preoccupano della loro salute. E i dirigenti pensano solo a sfruttarli al massimo, senza andare troppo per il sottile».

Dopo le parole di Zeman, come ha ricordato lo stesso boemo nella sua autobiografia La bellezza non ha prezzo scritta per Rizzoli con Andrea Di Caro, Gianluca Vialli dichiarò che l’allenatore giallorosso cercava «di destabilizzare l’ambiente», che era «un terrorista» e non meritava «di farne parte». «Se non vogliono fare i buffoni in Figc devono squalificarlo», chiosava l’attaccante bianconero. In seguito alle denunce di Zeman, Vialli e altri calciatori juventini finirono in tribunale (come testimoni) davanti al pm Guariniello, venne chiuso il laboratorio antidoping dell’Acqua Acetosa e ci furono le conseguenti dimissioni del presidente del Coni Pescante.

La «guerra» tra Vialli e Zeman ebbe poi una pausa e il tecnico boemo restò per 12 anni fuori dal grande calcio, finché il suo ritorno alla guida del Pescara in serie B non ha riportato in auge il suo gioco e la sua etica dello sport. Col ritorno di Zeman si tornò anche a parlare di lotta al doping e ai farmaci nel calcio. E, inevitabilmente, si riparlò delle accuse del '98 alla Juve. Nel 2012, quindi, Vialli e Zeman ripresero a battagliare, col primo che dichiarò in un’intervista a Sky: «Zeman è una persona molto intelligente, ma è anche un grandissimo paraculo, combatte le battaglie che gli convengono e le altre se le dimentica. Io non l’ho mai perdonato: ha gettato un’ombra sulla carriera mia e di Del Piero, e non mi ha ancora chiesto scusa».

Poi è arrivato il tumore e la dura battaglia combattuta con coraggio e forza fino all’epilogo tragico di oggi. Una conclusione che di certo apre molti interrogativi. Gli stessi sollevati pochi giorni fa ai funerali di Sinisa Mihajlovic, stroncato dalla leucemia a 53 anni, da Claudio Lotito, patron della Lazio: «Bisogna approfondire alcune malattie che potrebbero essere legate, ora non voglio fare l’esperto, al tipo di stress, di cure che venivano fatte all’epoca e ai trattamenti che venivano fatti sui campi sportivi».

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