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Cocomeri siciliani fra tradizione e natura: «Frutto da tutelare»

PALERMO. «Bisogna puntare su questo frutto. Fa parte della nostra cultura». A dirlo Alessandro Chiarelli, presidente della Coldiretti Sicilia. «L'anguria affonda le radici sulle nostre più antiche tradizioni e va tutelata». Sono cambiati gli usi e i costumi della gente, e di conseguenza a modificarsi è anche il frutto. «Ma non per qualità. L'attenzione alla tutela è sempre molto alta. A differenza dei prodotti esteri che arrivano nelle nostre tavole, l'anguria italiana è sottoposta a leggi severe. E la tracciabilità porta a un controllo continuo da parte di tutti».
Banditi i coloranti, gli ormoni della crescita e i prodotti chimici. Quello che conta è la qualità. E ovviamente la produzione deve essere a campo aperto. «Il colore rosso intenso non è sinonimo di bontà e di sapore. Il mercato risente del cambiamento dei tempi e si adegua a essi. La rincorsa a chi produce prima si traduce in una bassa qualità del prodotto, con abusi di coloranti e prodotti chimici. L'anguria piccolina non è sinonimo di scarsa qualità, ma di adattamento ai tempi. La gente oggi consuma il giusto, cercando di buttare il meno possibile. Nasce così l'anguria in forma ridotta». Tutto rigorosamente made in Italy. «I prodotti che vengono dall'estero non sempre sono controllati come quelli italiani». Al cliente il diritto di scelta, ma prima va informata. «E deve sapere quello che compra».
Il prolificare di intolleranze alimentari e di allergie sono dovute ad abusi incontrollati di prodotti chimici dannosi per la nostra salute. «Il nostro è un mercato antico che deve mantenere, indipendentemente dalla forma e dal peso, qualità, sapore e consistenza». Viva l'anguria, quindi. Ma tutta natùre. R.Vec.

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