I tempi in cui Daniil Medvedev (nella foto) era una sorta di avversario tabù per Jannik Sinner oggi sembrano lontanissimi. Eppure, sono scivolati via solo pochi mesi: i tempi sono cambiati nell’ottobre scorso a Pechino, quando Jannik, dopo sei sconfitte consecutive, annichilì il russo guardandolo per la prima volta dritto negli occhi, senza più alcun atteggiamento remissivo.
Il numero 3 del mondo (il russo) e il 4 (l’azzurro) si ritroveranno domani (28 gennaio) quando in Italia saranno le 9,30 del mattino, nella finale dell’Australian Open, per la prima volta sulla distanza lunga dei tre set su cinque. E Jannik vi arriva con addosso il peso del favorito. In primis perché l’assoluta autorevolezza con cui è arrivato a questo traguardo (un solo set perso, contro Djokovic) fa pensare che a tutt’oggi Jannik sia il giocatore più forte del pianeta e che quindi non esista un avversario capace di opporsi a lui con efficacia. In secondo luogo perché da quel match cinese l’altoatesino ha battuto il russo in altre due occasioni, a Vienna e alla Finals di Torino, e vi è riuscito sempre giocando un tennis diverso. Mentre a Pechino e Vienna ha sorpreso l’avversario conquistando campo progressivamente, impedendogli di trovare ritmo e chiudendo spessissimo il punto a rete, a Torino invece Jannik è stato più medvediano di Medvedev: accettando il suo gioco e superandolo sul suo terreno.
Il russo è più o meno lo stesso di un paio di mesi fa. Ha palesato una certa tendenza «nuova» a non disputare tutto l’incontro con le spalle attaccate ai display pubblicitari di fondo campo ma la sua forza resta quella di chi riesce a essere risolutivo anche con colpi giocati da lontanissimo. Tuttavia le armi principali del russo, da cui Sinner dovrà guardarsi, sono la perseveranza e la maggiore esperienza del russo a gestire incontri che sia decidano al quinto set.
Quest’anno a Melbourne il numero tre del mondo ha già vinto tre incontri al quinto. In due occasioni (contro Rusuvuoori e Zverev) rimontando uno svantaggio di due set a zero. Un cammino che, se da un lato può far pensare che la riserva di energie del russo sia inferiore a quella di Sinner, dall’altro è prova di una determinazione feroce che l’azzurro dovrà tentare di disinnescare.
Sulla carta la soluzione sembra semplice: applicare lo schema-Pechino e aggredire il russo in modo da impedire al match di protrarsi troppo a lungo. In realtà potrebbe non essere così semplice perché sempre di una finale Slam stiamo parlando, e considerando pure che si tratta della prima per l’azzurro, il carico emotivo che Sinner dovrà reggere sulle sue pur possenti spalle non sarà leggero. In più Jannik dovrà lasciare assolutamente fuori dagli ingressi di Melbourne Park il ricordo di due match Slam conclusi al quinto set, giocati però a New York che hanno lasciato ferite di una certa entità. Quello del 2022 contro Alacaraz, perso dopo non essere riuscito a sfruttare un match-point e quello dell’anno scorso contro Zverev. Incontri diversi fra loro ma che dimostrano come quando si arriva in vista del traguardo dopo lunga maratona cambia tutto o quasi. E quel terreno potrebbe essere per Jannik quello più difficile da gestire. E poi c’è l’entusiasmo e questa sì potrebbe rivelarsi per il nostro la carta vincente. Jannik è felice di dedicare la sua vita al tennis e si vede. E se riuscirà a far sì che questa gioia sia l’elemento predominante del suo match allora partirà ulteriormente avvantaggiato. Sinner ha tutto per far esplodere l’Italia di felicità. Il che, visti i tempi, certamente non è poco.
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