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Giuseppe Abbagnale e la telecronaca di Galeazzi che fece conoscere a tutti il canottaggio

Il timoniere Di Capua: . «Era come se l'equipaggio fosse formato da quattro e non da tre elementi. Possiamo dire che era come un “quattro senza”. Gli volevamo bene». E l'attuale presidente della Federazione racconta di averlo gettato in acqua per festeggiare

I fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale con il timoniere Peppiniello di Capua dopo la conquista della seconda medaglia d'oro nel "due con" di canottaggio alle olimpiadi di Seul nel 1988

Quell'urlo «andiamo a vincere» è divenuto indelebile nella storia del telegiornalismo sportivo, fornendo uno spunto ad almeno una generazione e mezza di voci della tv e della radio; Giampiero Galeazzi è stato il compagno ideale in un’avventura disperata e affascinante come solo uno sport «povero» poteva regalare. Il suo vocione ha fatto da sfondo alle imprese del canottaggio azzurro, spingendo a suon di decibel Carmine e Giuseppe Abbagnale, coadiuvati dal timoniere Peppiniello Di Capua, a nuove imprese. Logico e profondo, nel giorno della morte di Galeazzi, il dolore di Giuseppe Abbagnale, ora presidente della Federcanottaggio.

«Giampiero - ha detto, all’Ansa - ha accompagnato la nostra vita in maniera intensa e totalizzante, nel tempo è diventato anche una persona di famiglia. Un personaggio anche sui generis, se vogliamo, ma con lui la voce e l'impresa sportiva diventavano una cosa sola. Le sue telecronache sono storia della tv».

Gli Abbagnale avevano già vinto in coppia l’oro a Los Angeles '84, e si ripeterono quattro anni dopo a Seul, aggiungendo un argento a Barcellona '92: ma per tutti gli italiani, la loro gara è quella dell’88, raccontata dalla telecronaca di Galeazzi che con quell'impresa è un tutt'uno. «Con lui - dice l’attuale presidente della Federcanottaggio - ho sempre avuto un rapporto vero, c'è sempre stata empatia. Quella telecronaca la ascoltai registrata: era appassionata, competente, trasmetteva la propria tensione, la soddisfazione per il grande risultato. Giampiero veniva dal canottaggio, aveva perfettamente colto la difficoltà e i vari step durante la regata. Per questo è rimasta nella storia della tv».

«Il mio rapporto con lui è stato bello, leale. Prima da atleta e telecronista, ma dopo fuori dall’ambito lavorativo. Spesso si scherzava sul suo passato da canottiere, col suo soprannome, Bisteccone, a tavola, le sue chiacchiere e la sua vivacità ed empatia diventavano spesso motivo di sfottò ma ricambiava costantemente ed era un discorso alla pari».

Tra i ricordi di Abbagnale, anche un aneddoto legato proprio ai Giochi sudcoreani: «Ricordo una scena surreale, a tratti anche imbarazzante. Dopo l’arrivo del 4 di coppia con Agostino, ci siamo ritrovati sul pontile e lo abbiamo fatto volare in acqua. Ci ho rimesso una tuta, perché lui ha preteso che gliela dovevo in cambio. All’epoca le nostre taglie erano più o meno similari, ero ben felice di poterlo accontentare. Fu la nostra risposta al bagno che Giampiero subì nello spogliatoio del Napoli campione d’Italia l’anno prima. Dedicargli un trofeo di canottaggio? Galeazzi ha rappresentato tanto per il mondo del canottaggio, quindi vedremo».

«Galeazzi ha fatto conoscere noi e il canottaggio, ci ha spronati», è il ricordo Giuseppe Di Capua, timoniere dei fratelli Abbagnale. «È stato un personaggio importante per noi, ci ha fatti conoscere al grande pubblico: era come se l'equipaggio fosse formato da quattro e non da tre elementi. Possiamo dire che era come un “quattro senza”: è stato molto, molto importante per noi. Ci è stato vicino per più di 20 anni. Ci ha seguiti da sempre, quante cene assieme, era come un fratello per noi: lo stimavamo e gli volevamo bene».

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