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All Blacks di un altro pianeta, l'Italia asfaltata a Roma

ROMA. Altro che gufi o gente che gode quando l'Italrugby perde. Questa volta capitan Parisse non potrà attaccare quelli che ha definito «invidiosi». La verità è molto più semplice, ovvero che tra gli azzurri e gli All Blacks, seppure stravolti dal turn over, continuano ad esserci tre categorie di differenza.

Il 10-68 di oggi fotografa la situazione, e le dieci mete segnate dagli ospiti contro una dell'Italia spingono a un paragone calcistico: è come aver assistito a San Marino-Germania di ieri, con otto gol di differenza a favore degli ospiti, campioni del mondo come i neozelandesi nella palla ovale. Così chi è stato oggi all'Olimpico potrà raccontare di aver visto dal vivo uno dei team dell'eccellenza dello sport mondiale, si sarà emozionato con la Haka, ma il risultato parla chiaro, nonostante la voglia del ct Conor O'Shea, all'esordio casalingo alla guida degli azzurri, di costruire la migliore Italia della storia del rugby.

Ci vorranno pazienza e tempo, nel frattempo va bene il fair play ma un certo tipo di euforia, soprattutto da parte del pubblico, comincia ad apparire fuori posto. Perchè un conto è perdere, e un altro essere umiliati, quindi suonano stonate anche le note pompate a tutto volume sul palco allestito da uno degli sponsor nel villaggio del terzo tempo. L'Italia si è impegnata per quanto ha potuto, anche quando gli avversari erano nettamente superiori e col pallone in mano andavano veloci come il vento e non si riusciva a fermarli. A

l punto che quando ci riusciva Bisegni con un bel placcaggio dagli spalti proveniva un boato come se gli azzurri avessero segnato una meta. Invece all'inizio, dopo nemmeno 4 minuti di gioco, c'era stata quella di Fukitoa nella prima azione in percussione degli All Blacks, e si era già capito come sarebbe andata a finire. Poco dopo, al 13', il calcio piazzato di Canna era una delle due uniche volte in cui gli azzurri si affacciavano nei 22 metri avversari. Ci provava poi Padovani con una cavalcata con l'ovale in mano andata ad infrangersi sul muro eretto dalla prima linea dei neozelandesi, impressionanti anche per potenza fisica. Per il resto dominio totale degli ospiti (3-21 al 20') evidenziata anche dalla meta al 37' del pilone Crockett, entrato nella difesa italiana come una lama nel burro. Stessa musica nella ripresa, impreziosita da alcuni azioni spettacolari dei campioni del mondo, con la palla ovale che 'rimbalzavà da una parte all'altra del campo in tourbillon di manovre quasi da flipper. Il risultato finale è pesante, ma la Nuova Zelanda non fa sconti a nessuno e intanto affila le armi in vista di sabato prossimo, quando ha tutte le intenzioni di prendersi la rivincita sull'Irlanda: appuntamento a Dublino, e con tutti i titolari in campo.

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