TOLOSA. Adieu, caro nemico Ibra: all' europeo francese l'Italia del calcio va avanti, a punteggio pieno dopo due gare e qualificata agli ottavi di finale molto probabilmente come prima del girone. Alla Svezia, invece, che confeziono' in extremis con i cugini danesi un biscotto avvelenato nel 2004 estromettendo proprio gli azzurri, tocca la nemesi storica del calcio.
E' infatti un gol in chiusura di partita, quando gli scandinavi danno quasi l'impressione di accontentarsi del pareggio e di invitare l'avversario a fare altrettanto, a decidere la gara. Lo segna in maniera splendida Eder, messo in moto da un colpo di testa di Zaza: l'attaccante azzurro sembra Thoeni mentre fa slalom tra i calci e le ancate dei difensori svedesi, costeggiando la linea dell'area di rigore prima del tiro vincente di destro a giro verso il palo più lontano.
Gli svedesi invece uno Stenmark del pallone non ce l'hanno, perché la classe del vecchio monsieur Ibrahimovic e' immutata ma i suoi furori no e gli altri dieci in campo sono niente più di onesti gregari, compreso il decantato Guidetti al quale in patria le groupies hanno addirittura fatto dedicare una canzone (del dna del nonno italiano ha colto forse le doti da playboy, non quelle calcistiche).
Comunque la prodezza di Eder, annunciata qualche minuto prima da una traversa presa da Parolo con un colpo di testa, è felice riscatto per una gara brutta, nervosa e a tratti persino incarognita dai vecchi asti e dalle fresche antipatie tra giocatori in campo.
Una partita che ha però in chiave italiana il grande pregio di confermare la solidità del gruppo formato da Conte, la sua capacità di sacrificio e di far bruciare dentro ognuno quel "fuoco che crea l'energia per superare tutti gli ostacoli", come chiesto alla vigilia dal ct. Un propellente che certo non dà garanzia di arrivare ai traguardi massimi, se non supportato da qualità individuale: ma che ha di fatto già consentito alla squadra di Conte di raggiungere il primo obiettivo, il passaggio agli ottavi di finale.
Dove se dopo la gara del 22 a Lille con l'Irlanda sarà ancora prima nel girone, cosa peraltro molto probabile, affronterà la seconda del gruppo D, quello nel quale sono favorite Spagna e Croazia. Tecnicamente e' innegabile che oggi gli azzurri abbiano fatto registrare un passo indietro rispetto all'esordio con il Belgio, anche perche' il gioco primitivo ed essenzialmente fisico degli svedesi è difficile da interpretare per tutti.
E in particolare per un avversario come la nazionale di Conte, viva e tonica ma obiettivamente priva di grande qualità nell'uno contro uno, in quel fondamentale requisito calcistico che e' la capacità di saltare l'uomo quando si affronta una squadra che copre bene il campo (come fanno gli svedesi con il loro 4-4-2) e corre molto. Tra l'altro, l'Italia regala di fatto un tempo alla Svezia: perché in quello iniziale il possesso palla è per il 59 per cento della squadra di Ibrahimovc e per il 41 degli azzurri, bloccati, timorosi e involuti nonostante l'innesto di Florenzi sulla fascia sinistra dia una alternativa interessante al gioco.
Ma nei primi 45' si assiste soprattutto allo sterile giropalla degli svedesi, con gli azzurri incapaci di accelerare e dare profondità al proprio gioco. Ed è già positivo per l'Italia, andare all'intervallo senza avere provato brividi di paura, tanto che la prestazione di Buffon risulta ingiudicabile (e tale rimarrà alla fine).
Nella ripresa, scossa da una presumibile sfuriata di Conte, l'Italia spinge un po' di più: il ct inserisce, forse anche tardivamente, Zaza al posto di Pelle' e la vivacità in attacco cresce. Gli svedesi, incitati all'attacco da uno stadio praticamente tutto gialloblu', capiscono al contrario che si mette male, e cercano una mischia continua, quasi fosse rugby.
Ed invece è calcio, così il tocco di palla azzurro comincia a fare la differenza (mentre quello di Ibra lascia a desiderare quando manda in curva da due passi, anche se era in fuorigioco): arriva al 36' la traversa colpita da Parolo su cross di Giaccherini, preludio del gol di Eder al 43'.
E manca poco che in pieno recupero Candreva, un altro dei piedi buoni azzurri, raddoppi con un tiro da fuori (gran parata di Isaksson). Ma a Conte va bene ugualmente così: la partita con l'Irlanda è ora poco più di un'amichevole in cui far rifiatare i titolari e dare spazio alle riserve. E il conto con il caro nemico Ibra è ufficialmente chiuso.
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