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L'agente diventa papà, Mbaye adottato dal palermitano Accardi

Vive da sei anni a casa dell'agente. "E' il figlio maschio che non ho mai avuto", ha detto Accardi

MILANO.

L'agente che diventa papà del suo assistito. E' la storia che ha come protagonisti il dicannovenne terzino senegalese Ibrahima Mbaye e il suo agente, il palermitano Beppe Accardi, che ha raccontato questa vicenda al Corriere dello Sport. Beppe Accardi, che ha già avviato tutte le pratiche presso il Tribunale di Modena. Ma in fin dei conti è cose Mbaye fosse già suo figlio da molto tempo. Il giocatore, infatti, vive da sei anni a casa del suo agente e della moglie ed è cresciuto con le sue due figlie.

"Lui mi chiama Capo - racconta Accardi - mia moglie Antonella invece la chiama mamma. Gli ho detto: sulla maglia devi mettere Mbaye-Accardi. Mia moglie è intervenuta: no, devi scrivere Mbaye-Vaccari. Ci vogliamo bene. Ibra è uno di noi, è cresciuto con me, mia moglie e le mie figlie, Naomi, di 23 anni, e Talita, di 28. Ci conosciamo da sei anni, quando non è in giro dorme a casa, a Medolla".

L'agente, che ha fatto arrivare Mbaye all'Inter con l'intermediazione di Mourinho e ha dovuto dire di no ad una grossa offerta di Sabatini quando ancora era ds del Palermo, ha però specificato che non vuole sostituirsi al suo padre naturale: "Suo padre lavora in Italia, lo chiamiamo Chico, sua mamma è rimasta in Senegal. Suo padre un giorno gli ha detto: Ibra, ricordati una cosa: considera Beppe come un padre perché quello che sta facendo per te non sono riuscito a farlo nemmeno io. Io non voglio sostituirmi al padre, tutt’altro; ma Ibra è uno di noi, lo considero il figlio maschio che non ho avuto".

In chiusura Accardi ci ha tenuto a precisare: "So già che qualcuno ci speculerà sopra e dirà che ho i miei vantaggi a fare questo ma credimi, nei casi d’adozione sono più gli oneri degli onori. Voglio equipararlo alle mie figlie, perché lo sento come un figlio, tutto qua. Proposi la cosa e mi disse, Capo, sarebbe bellissimo...".

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