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Londra, Occhiuzzi d'argento nella sciabola

La scherma italiana genera un altro fuoriclasse. Il napoletano, prima di arrendersi in finale, ha battuto negli ottavi Aldo Montano

LONDRA. «Diego come Maradona». Chissà quante volte lo avranno detto a questo ragazzo di 31 anni di Napoli. Ma stavolta è diverso: «Ora ci sono anche io». Diego Occhiuzzi ha vinto l'argento nella sciabola ai Giochi ed si è trasformato nel nuovo fuoriclasse della scherma italiana


  È «il vicecampione olimpico» che, d'un tratto, si leva l'etichetta di eterno 'comprimariò in una scuola di grandi talenti come Aldo Montano, Luigi Tarantino o Gianpiero Pastore. E sale così nell'olimpo dei campioni azzurri.  Eppure ai banchi di partenza Occhiuzzi veniva indicato come
il meno accreditato tra gli sciabolatori azzurri: l'outsider con buoni risultati quest'anno ma con poche speranze di medaglie. Ma, come ha raccontato lui stesso con quell'accento un pò 'gagà da napoletano del Vomero, oggi «ha tirato benissimo».    La sua è stata una corsa senza tentennamenti verso la finale. Un tragitto lungo cui ha incontrato e battuto anche l'amico-rivale Aldo Montano. Al livornese, però, ha concesso l'onore delle armi («non era al 100%», ha detto Diego). In realtà, è la terza volta che quest'anno il talento di Napoli batte l'oro di Atene 2004. Diego si è fermato solo davanti al grande favorito del torneo, l'ungherese Szilagyi che lo ha superato 15-8. «Lui ha tirato benissimo. Io sono partito in ritardo ed ho sbagliato tattica e quando ho provato a recuperare, era troppo tardi», dice con un pò di rammarico. Ma alla fine «un argento è sempre un argento».   «Ragazzi - spiega con aria incredula ai giornalisti - È un
sogno inaspettato, anche se in fondo ci credevo. Ora neanche me ne rendo conto totalmente. Questa mattina mi sono svegliato e dopo mi è venuto tutto naturale». Ha conquistato il pubblico
sugli spalti con quel fare un pò spavaldo e i 'litigì con gli arbitri. Con un pò di finta timidezza descrive anche il momento in cui è salito sugli spalti, scavalcando le protezioni, dopo
la vittoria nella semifinale con il romeno Dumitrescu. È corso a salutare ed abbracciare la «fidanzata Valeria»: «Quelli della sicurezza - racconta - non mi volevano far passare. Mi
hanno messo anche uno sgambetto. Non potevo ma chi se ne frega». 


Ci tiene soltanto a precisare una cosa: «È vero mi chiamo Diego anch'io - si schernisce con chi lo accosta a Diego Armando Maradona  - ma io sono nato nel 1981, prima che lui si trasferisse al Napoli. I miei volevano un nome di cinque lettere che finisse con la 'ò. Comunque, sia chiaro, sono tifosissimo. Qui sembrava il San Paolo». E non si sbaglia. Mentre tirava in
finale, tutto lo stadio urlava «Diego, Diego».

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