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Ibra spietato, il Milan vince a Roma

Una doppietta dello svedese e un gol di Nesta gelano l'Olimpico. Terza sconfitta su quattro partite per la squadra di Luis Enrique

ROMA. Terza sconfitta in quattro partite  per la Roma senza Totti, e il Milan passa all'Olimpico, dove non  vinceva contro i giallorossi dal marzo del 2005. La squadra di  Allegri fa capire di essere tornata al ruolo che le compete,  ovvero di grande favorita per lo scudetto, trascinata dal solito  Ibrahimovic ed agevolata dai ritmi bassi e dal non gioco  dell'avversaria, che si rende pericolosa e assume l'iniziativa  soltanto nei primi venti minuti della ripresa. Più equilibrato  era stato il primo tempo, caratterizzato però da amnesie  difensive da cui erano nati i gol, tutti e tre segnati (da Ibra,  Burdisso e Nesta) con dei colpi di testa. Sull'1-2 per il Milan  la Roma subiva ancora una volta una rete a difesa schierata.     Di sicuro la rivoluzione calcistica di Luis Enrique oggi non  si è vista, e non è stata la Roma di Genova capace di perdere  pur dominando. Qui il successo del Milan è stato meritato, e la  squadra giallorossa di nuovo poco concreta.


Osvaldo non ha  minimamente inciso, e si è fatto vedere soltanto quando ha  sprecato un paio di palloni tirandoli addosso ad Abbiati, mentre  Borini si è fatto prima notare con un'azione (su di lui ha  salvato Thiago Silva), poi si è infortunato lasciando spazio a  Bojan, messosi in evidenza solo in occasione della rete del 2-3  segnata con un tap-in su tiro di Lamela (l'argentino era entrato  al posto del connazionale Gago) non trattenuto da Abbiati.     Per la squadra di Luis Enrique, inchiodata a quota 11 punti  in classifica, c'é ora l'urgenza di qualche risultato positivo,  a cominciare dall'appuntamento che l'opporrà fra otto giorni al  Novara sul sintetico del 'Piola', altrimenti l'allenatore  tornerà sulla graticola dell'etere romano e di un ambiente  sempre effervescente. Forse aveva ragione Vincenzino Montella  quando, dopo Lazio-Catania, affermava che se al posto di 'Lucho'  ci fosse stato lui, con questi risultati (eliminazione  dall'Europa compresa) sarebbe già stato mandato a fare il  commentatore televisivo.    


Ma la Roma è questa e non ha certo la statura di un Milan  che ha l'arma letale Ibra e tutta l'intenzione di tenere lo  scudetto cucito sulla sua maglia. Ha cominciato a fare sul  serio, agevolata dai ritmi bassi dei romanisti, fin dal 17',  quando il suo bomber svedese ha segnato intervenendo di testa a  sovrastare Juan sul cross dell'ex Aquilani. Undici minuti dopo  il pareggio giallorosso con un perfetto inserimento di testa di  Burdisso sull'angolo di Pjanic e con Zambrotta troppo incerto.  Appena 120 secondi dopo gol in fotocopia, stavolta del Milan,  con Nesta che colpisce di testa sul corner del brasiliano  Robinho. Era l'1-2 con cui si chiudeva il primo tempo, in cui è  da sottolineare anche come il Milan sia stato graziato  dall'arbitro Damato che ha ammonito tardivamente (solo al terzo  duro intervento) il falloso Van Bommel.    


La Roma spingeva all'inizio della ripresa, prima con Bojan  che mancava l'intervento da sotto misura, poi con una bella  punizione di Pjanic deviata in angolo da Abbiati. Il Milan  sembrava alle corde, c'era anche un sinistro di Lamela deviato  da Abbiati e l'occasione sprecata da Osvaldo sul successivo  corner, poi però riveniva fuori il Milan prima con un bel tiro  di Aquilani a lato e successivamente con una magia di Cassano  con tiro da dimenticare. Nemmeno due minuti dopo rete dell'1-3  milanista, ancora con un colpo di testa di Ibra su cross di  Aquilani, servito dal troppo solo (dov'erano i romanisti?)  Cassano. Nocerino si divorava l'1-4 tirando fuori a porta vuota  sull'assist di Cassano, poi c'era la rete di Bojan che faceva da  prologo all'inutile assalto finale dei padroni di casa e  all'espulsione del tecnico Allegri (preceduta da quella di  Boateng subito dopo la sua sostituzione). C'era un'ultima  prodezza al 94' di Abbiati, autentico kamikaze, poi il Milan  portava via i tre punti. I rossoneri sono tornati, e vogliono  lottare per il tricolore fino all'ultimo. 

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