Lo scrittore Gesualdo Bufalino diceva che la mafia sarà sconfitta da un esercito di maestre elementari. Probabilmente questo esercito troverà un impiego al Nord dal momento che la Sicilia perde inesorabilmente alunni e scuole: in cinque anni l’Isola ha perso 103 autonomie scolastiche. Il conto è presto fatto: erano 831 nell’anno scolastico 2020/21 e a settembre all’apertura del nuovo anno si sono ritrovati in 728. Gli studenti sono diminuiti di 41.878 unità, passando nello stesso periodo dai 702.507 ai 660.629. Sono queste le informazioni che emergono elaborando i dati ufficiali rilevati dall’ufficio di statistica del Ministero dell’istruzione e del merito e contenute in un report della Flc Cgil.
A causa del ridimensionamento scolastico sono scomparse 43 sedi: al di là dell’accorpamento amministrativo, quindi, hanno proprio chiuso i battenti 15 edifici scolastici dell’infanzia, 19 della primaria e 13 della secondaria di primo grado. Frutto del calo demografico, certo, ma anche dei tagli decisi a livello centrale e contenuti in un decreto a firma dell’assessore regionale Mimmo Turano dello scorso gennaio.
Ogni anno la Sicilia perde circa 15 mila abitanti (un paese poco più grande di Cefalù) di cui 7 mila giovani laureati. Un terzo degli studenti meridionali si iscrive ad università del Nord e molto spesso, evidenziano da Svimez (l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), questo causa anche un fenomeno di emigrazione in età avanzata: i genitori di quanti sono andati a studiare fuori decidono di trasferirsi per stare più vicini a figli e nipoti. Unico dato in controtendenza è, invece, il numero di alunni stranieri che, sempre negli ultimi 5 anni, è aumentato di 3.814 unità, ovvero dai 26.360 dell’anno 2020/21 ai 30.174 di quest’anno.
L’aumento è stato registrato in tutti gli ordini e gradi (+601 all’infanzia, +1.936 alla primaria, +1.291 alla secondaria di primo grado) tranne che alla secondaria di secondo grado, dove c’è stata una lieve riduzione di 14 unità.
«Quest’ultimo dato ci dice quanto sia indispensabile lavorare sul contrasto alla dispersione scolastica», commentano dalla Cgil tramite il segretario generale della Flc Sicilia Adriano Rizza. Un ultimo aspetto preoccupante riguarda l’aumento di 5.643 alunni con disabilità, passato da 27.986 a 33.629, al quale non segue un adeguamento dei posti di sostegno in organico di diritto. Basti pensare che su 25.549 docenti ben 11.595 sono in deroga, ovvero precari.
In alcune città, come Catania ed Enna, denuncia la Funzione Pubblica Cgil, sono stati tagliati i fondi Asacom (assistente alla autonomia e alla comunicazione). «Chiediamo alla Regione di intervenire con determinazione e vigilare su quanto sta accadendo in alcune amministrazioni comunali», si legge in una nota del sindacato. Ancora Rizza parla di una situazione «figlia di una crisi socio-economica che non accenna a diminuire, nonché di una volontà politica scellerata. Non solo la mancanza di lavoro, ma anche il divario di servizi pubblici tra Nord e Sud del Paese, nei diritti di cittadinanza: la carenza di asili nido, del tempo pieno nelle scuole e di infrastrutture scolastiche adeguate) spinge le famiglie e i giovani a lasciare la Sicilia».
«servirebbero politiche che compensino le lacune del sistema scolastico e che quindi colmino le disuguaglianze economico-sociali», ha spiegato Luca Bianchi, direttore dello Svimez. «Non si può giocare solo in difesa, non si può pensare solo a limitare i danni di una smobilitazione che invece va contrastata proattivamente», aggiunge Vincenzo Schirripa, storico dell’educazione, presidente del corso di laurea in Scienze della formazione primaria della Lumsa, Palermo. «Nell’istituzione scolastica c’è un potenziale di attivazione e di riparazione delle reti sociali che va al di là del suo mandato educativo in senso stretto. C’è da fare uno sforzo di intelligenza collettiva per non comprimere questo potenziale».
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