ROMA. Roma e Milano sono le città che odiano di più, in particolare le donne.
Razzismo, discriminazioni sessuali e di genere, religione pongono le due città tristemente al top della Mappa dell'intolleranza.
È un lessico dell'odio finito sotto la lente di Vox, l'Osservatorio italiano sui diritti che per il secondo anno in un progetto in collaborazione con le università di Milano, Bari e Sapienza di Roma ha preso in esame il flusso di twitter geolocalizzato.
Solo a Roma sono stati rilevati 20.755 tweet riferiti ai 6 gruppi presi in considerazione (donne, migranti, omosessuali, ebrei, islamici e diversamente abili). Di questi i messaggi negativi contro le donne, sempre al vertice della classifica, hanno raggiunto un totale di 5.120, i migranti 1.749, gli islamici 1.268 e gli omosessuali 1.324. A Milano invece il totale dei tweet intolleranti è stato di 15.636, di cui 5.345 contro le donne, 1.032 a stampo razzista, 967 omofobi.
Piovono insulti.
Negri, terroni, puttane, culattoni, ritardati e non si fanno sconti a nessuno neppure al Papa come quando a gennaio ha dichiarato «ebrei e cristiani, un'unica famiglia» e i commenti sono stati tremendi, mentre un'invasione di tweet omofobi è seguita all'esibizione a Sanremo 2016 di Valerio Scanu che cantava con un microfono «arcobaleno».
Mutuata sull'esempio della Hate Map della californiana Humboldt State University, la Mappa racconta di social che diventano un veicolo privilegiato di incitamento all'intolleranza e all'odio verso gruppi minoritari, specie in presenza di episodi di violenza. 2.659.879 tweet, rilevati tra agosto 2015 e febbraio 2016 sono stati analizzati considerando 76 termini sensibili.
Tra questi, 112.630 sono stati i tweet negativi geolocalizzati.
«La mappatura di Milano e Roma ci consente di dare una finalità concreta al progetto», spiega Silvia Brena, giornalista, co-fondatrice di Vox. «Il senso ultimo del progetto è infatti quello di consentire azioni efficaci di prevenzione sul territorio.
Conoscere le zone dove l'intolleranza è più alta, e quali sono le sue diverse declinazioni, consente alle amministrazioni pubbliche di costruire progetti ad hoc, per esempio nelle scuole e nelle zone considerate più a rischio. Perchè imparare ad usare le parole giuste, parole capaci di elaborare emozioni e non lanciate come mattoni addosso agli altri, apre al confronto e all'inclusione».
Al suo secondo anno di rilevazione, la mappatura consente l'estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili e mira a identificare le zone dove l'intolleranza è maggiormente diffusa - secondo 6 gruppi: donne, omosessuali, immigrati, diversamente abili, ebrei e musulmani - cercando di rilevare il sentimento che anima le communities online, ritenute significative per la garanzia di anonimato che spesso offrono (e quindi per la maggiore «libertà di espressione») e per l'interattività che garantiscono.
Rispetto alla versione precedente, la Mappa dell'Intolleranza anno 2 presenta alcune significative differenze: è stato aggiunto il cluster dell'islamofobia alla mappatura. È stato fatto un focus su Milano e Roma, due città considerate nevralgiche per l'alto numero di tweet intolleranti.
Infine, è apparsa evidente la correlazione tra alcuni fatti di cronaca e l'esplosione della rete.
Afferma Marilisa D'Amico, costituzionalista, co-fondatrice di Vox:
«Le parole 'd'odio' che abbiamo mappato, durante questi mesi di lavoro, sono veicolo di discriminazioni e stereotipi che ostacolano l'eguaglianza
effettiva, come sancita dalla nostra Costituzione. Per questo, i risultati della Mappa dell'Intolleranza anno 2 dovrebbero rappresentare un segnale chiaro per la politica e per le istituzioni: i diritti non si garantiscono solo sulla carta, ma è necessario agire sul contesto culturale con azioni concrete e
di prevenzione».
La Mappa dell'Intolleranza sarà presentata all'Università di Milano lunedì 13 giugno dagli autori, con la partecipazione speciale di don Virginio Colmegna.
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