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Dna, ricerca svela: gorilla e uomo più simili del previsto

MILANO. Molto più simili di quanto si pensi il Dna dell'uomo e quello del gorilla: a rivelarlo è il cromosoma maschile Y, messo 'a nudo' grazie ad una nuova tecnica di sequenziamento più veloce e meno costosa che potrà essere utile non solo a proteggere i gorilla dal rischio estinzione, ma persino a studiare le malattie genetiche legate al sesso maschile, infertilità inclusa.

Il risultato è annunciato sulla rivista Genome Research dai ricercatori della Penn State University, negli Stati Uniti.

«Abbiamo scoperto con grande sorpresa che il cromosoma Y del gorilla e quello dell'uomo sono più simili fra loro di quanto non lo siano rispetto a quello dello scimpanzè, sotto diversi punti di vista», afferma la ricercatrice Kateryna Makova.

«Nelle regioni del cromosoma che possono essere allineate e confrontate fra le tre specie, la somiglianza per quanto riguarda la sequenza ci conferma quanto sappiamo dagli studi evolutivi, e cioè che l'uomo è più vicino allo scimpanzè», aggiunge l'esperta. Il cromosoma Y dello scimpanzè, però, sembra aver subito più cambiamenti nel numero dei geni e contiene un
numero diverso di elementi genetici ripetitivi rispetto all'uomo e al gorilla. «Inoltre - continua Makova - il cromosoma maschile del gorilla presenta più sequenze che possono essere allineate con quello dell'uomo rispetto al cromosoma Y dello scimpanzè».

Osservarlo direttamente non è stata un'impresa da poco: il cromosoma Y dei mammiferi è infatti difficile da sequenziare, soprattutto perchè è presente in un'unica copia e rappresenta solo il 2% del materiale genetico della cellula. Per superare questa difficoltà, i ricercatori hanno usato una prima tecnica (chiamata 'flow-sorting') che ha permesso di migliorare del 30% il recupero del cromosoma Y dalle cellule. Poi hanno condotto le analisi combinando due diverse tecniche di sequenziamento, che hanno permesso di ricomporre il cromosoma Y, «un complesso mosaico di cui non si conosce il disegno finale, con un mucchio di pezzi che appaiono identici fra loro e di cui solo uno su cento è davvero utile», concludono i ricercatori.

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