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Sannino: l'inverno? Forse sarà meno rigido perché il termometro sale

PALERMO. L’inverno cominciato in queste ore sarà gelato. No, sarà caldo, anzi il più caldo. E proprio il beltempo di questi giorni è tra i responsabili dell’ondata di smog che sta asfissiando molte grandi città italiane. Mancano venti e piogge e l’inquinamento aumenta. Gianmaria Sannino, oceanografo, è il responsabile del laboratorio di modellistica climatica dell'Enea. E spiega perché di beltempo ce ne sarà ancora parecchio. «È noto - dice - che l'affidabilità delle previsioni degrada col passare del tempo ma le valutazioni sul clima si possono fare e già ci dicono che se il 2014 è stato l'anno più caldo da quando vengono rilevati sistematicamente i dati, con ogni probabilità il 2015 segnerà un altro record anche grazie al mese di dicembre così insolitamente tiepido».

Le previsioni meteo vengono considerate affidabili in un periodo da tre a cinque giorni da quando vengono formulate. Com'è che ci si avventura addirittura in previsioni che prendono in esame un periodo di tre mesi?
«Quelle stagionali sono, in realtà, la nuova frontiera delle previsioni e ciò perché è cambiato l'approccio grazie anche alla sempre maggiore potenza di calcolo della quale disponiamo. Noi lavoriamo sulle condizioni iniziali che sono in qualche modo i punti deboli dei modelli. Le simulazioni consistono nell'inserire variazioni proprio sulle condizioni iniziali. Più simulazioni possono appalesare, quando c'è, una tendenza coerente. Per esempio verso una stagione che avrà una deviazione rispetto a quella media del periodo».

E funziona? Dunque cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi?
«I modelli principali sono due: l'ICMWS europeo e il GFS americano e le loro analisi sostanzialmente convergono. Ma la stessa esperienza comune ci dice che c'è un aumento di temperature che tende a diventare costante. Il 2014 è stato considerato il più caldo da quando i dati climatici vengono rilevati. Ma già il 2015 si candida a superarlo. Quindi - in linea di massima - ci aspettiamo un clima non molto rigido. Ma dire adesso quanto pioverà o nevicherà nei prossimi mesi, è un altro discorso».

Da quando si raccolgono dati sulla base dei quali vengono elaborate valutazioni climatologiche?
«Quello dei dati è un discorso complesso. La registrazione più o meno sistematica avviene da moltissimo tempo. Quelli che hanno consentito di determinare la ciclicità di molti fenomeni vengono rilevati anch’essi da molto. Tuttavia esistono ancora oggi modi diversi di rilevare i dati e zone che sono, diciamo così, senza passato. Sul Mediterraneo del Nord e su quello del Sud, per esempio, non si dispone di dati storici. I modelli che si usano oggi esistono dalla fine degli anni Settanta. Ma anche in questo caso c'è da dire che i dati sulla base dei quali sono stati messi a punto erano prevalentemente atmosferici. Poi si capì che il ruolo dell'oceano era fondamentale e progressivamente abbiamo assistito a un'integrazione dei modelli atmosferici con quelli oceanici. Ci sono anche altri modelli come quello dei ghiacci e quello della terra. Ma in qual caso le tendenze che essi suggeriscono sono molto lente rispetto a quelle dei modelli atmosferici e quindi non danno risultati utili a una valutazione dell'immediato».

Negli anni passati queste analisi sono state confermate dall'effettivo andamento climatico stagionale?
«L'affidabilità dei modelli aumenta con gli anni. Se si va ad esaminare il rapporto tra le analisi prodotte e gli errori commessi, si scopre che i secondi col tempo diminuiscono costantemente e ciò vuol dire che i modelli confermano sempre di più la loro validità».

Insomma queste mezze stagioni esistono ancora o no? Siamo o no reduci da una mezza stagione?
«Le mezze stagioni sono un modo di dire. Quello che conta è che siamo già di fronte a un cambio di paradigma. Il pianeta è sempre più caldo e questo non può essere senza conseguenze anche se sulla Terra la distribuzione del calore è molto diversa da una zona all'altra».

Che cosa è El Nino e perché secondo alcuni è così capace di influenzare il clima globale?
«El Nino è un pattern climatico, cioè uno schema di circolazione atmosferica all'interno del quale i parametri sono correlati nel senso che al variare dell'uno, varia anche l'altro sia in modo convergente che divergente. Semplificando avviene che ciclicamente le correnti dell'Oceano Pacifico centro-occidentale, si riscaldano o si raffreddano e questa variazione di temperatura ha un effetto sulla pressione atmosferica. In questo senso si parla di pattern climatico perché i due parametri, la temperatura dell'acqua e la pressione atmosferica, si influenzano a vicenda. El Nino si presenta, in linea di massima, ogni cinque anni con conseguenze immediatamente avvertibili nei Paesi che si affacciano su quella zona. Si tratta, oltretutto, di Paesi le cui economie si fondano prevalentemente sull'agricoltura e che sono dunque vulnerabili a fenomeni atmosferici estremi come le alluvioni o la siccità».

Ma l’effetto può estendersi addirittura a livello globale.
«Sì, è proprio così, l'effetto di El Nino può estendersi all'intero pianeta per via della dinamica dell'atmosfera. Tutto questo avviene in un periodo compreso tra i mesi di dicembre e di gennaio ed è proprio il periodo in cui si manifesta che gli ha dato il nome. El Nino in spagnolo vuol dire “il Bimbo” con chiaro riferimento al periodo della Natività. Si chiama El Nino quando l'oceano si riscalda e La Nina quando invece si raffredda. Quest'anno è di scena Il Nino e pare sia molto potente».

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