WASHINGTON. Nuove speranze per le donne incinta colpite da tumori maligni: l'uso della chemioterapia negli ultimi due trimestri di gravidanza non danneggerebbe i feti. La drammatica scelta prospettata sinora a molte donne in gravidanza, tra l'abortire o tentare un parto prematuro in caso di tumore, non sarebbe così necessaria.
Infatti sia lo sviluppo cognitivo dei piccoli che le loro funzioni cardiovascolari sono risultate normali ed intatte a tre anni di età nonostante le madri si fossero sottoposte a chemio durante la gravidanza.
Ad affermarlo un studio, che sia pure limitato nel numero dei casi esaminati pari a 129, viene già considerato una pietra miliare nel campo.
Presentata al Congresso sui Tumori di Vienna e pubblicata sul 'New England journal of medicinè, l'indagine ha seguito la salute sino ai tre anni di età di 129 piccoli, nati da mamme che avevano subito trattamenti con diversi agenti chemioterapici negli ultimi sei mesi di gravidanza.
«Non abbiamo individuato alcuna differenza tra lo sviluppo cognitivo e cardiologico dei bambini nati da madri sotto chemio e altri di un gruppo di controllo,venuti alla luce da mamme sane», ha spiegato Frederic Amant,l'autore principale della ricerca condotta all'università Cattolica di Leuven in Belgio. Aggiungendo: «Il risultato ha sorpreso, in quanto sappiamo che le sostanze chemioterapiche sono tossiche e in molti casi
attraversano la barriera della placenta».
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