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Appetito sfrenato? I pesci grassi ne spiegano l'evoluzione

MILANO. Contro l'obesità, ora sappiamo che pesci pigliare: sono i pesci grassi delle caverne messicane, capaci di mangiare senza limiti e poi di digiunare per mesi rallentando il metabolismo. Studiando questo loro effetto 'yo-yo', i genetisti della Harvard Medical School di Boston hanno iniziato a far luce sull'evoluzione del gene dell'abbuffata che induce un appetito sfrenato anche in molte persone obese, come dimostra lo studio pubblicato sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas).

Per fare luce sui meccanismi molecolari dell'obesità, i genetisti si sono immersi nelle buie acque delle caverne del Messico nordorientale dove vivono i pesci Astyanax mexicanus.

Questi animali sono dei veri e propri esperimenti della evoluzione: costretti a vivere per migliaia di anni in un habitat estremo e senza luce, hanno perso gli occhi e la pigmentazione della pelle. Anche il loro metabolismo si è dovuto adeguare ai lunghi periodi di carestia e alle improvvise ondate di cibo: dunque appetito insaziabile, capacità di immagazzinare grandi quantità di trigliceridi 'di scorta' e ridotta perdita di peso nei periodi di carestia. Obesi e felici, questi pesci
riescono a vivere a lungo e in buona salute nonostante siano molto più grassi dei loro simili che vivono nelle acque superficiali.

Mettendo a confronto i loro Dna, i ricercatori hanno scoperto diverse mutazioni del gene MC4R, un interruttore dell'anoressia (presente anche nel cervello dell'uomo) che viene acceso e spento da due ormoni, l'insulina e la leptina. Le mutazioni che riducono l'attività di questo gene sembrano capaci di scatenare una fame compulsiva utile per la sopravvivenza dei pesci e forse, in passato, anche per i nostri antenati. Capire come l'evoluzione abbia plasmato questo meccanismo potrà forse chiarire le basi genetiche dell'epidemia globale di obesità di questi ultimi decenni.

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