ROMA. La minaccia più grande per la salute della popolazione del pianeta nei prossimi anni non sarà Ebola o qualche altro virus 'esotico', ma i cambiamenti climatici, pronti a fare oltre 250mila morti l'anno. L'allarme viene dal secondo rapporto della Commissione istituita dalla rivista scientifica Lancet, secondo cui si rischia di perdere tutti i progressi ottenuti con le vaccinazioni e le misure per l'igiene e l'accesso ai farmaci negli ultimi 50 anni.
Gli eventi estremi come inondazioni e ondate di calore, spiega il documento redatto da 40 scienziati di Eurppa, Africa e Asia, aumentano il rischio di malattie infettive, malnutrizione e stress, mentre l'inquinamento urbano unito all'impossibilità di fare attività fisica è pericoloso per la salute del cuore, dei polmoni e persino per quella mentale. Secondo il rapporto l'esposizione della popolazione globale, intesa come numero di giornate in cui si sarà sottoposti a eventi meteorologici, quadruplicherà nei prossimi decenni per le piogge estreme, mentre triplicherà per le siccità. Nello stesso periodo l'esposizione delle persone anziane alle ondate di calore è destinata ad aumentare di un fattore 12.
«L'Oms stima - scrive il segretario generale dell'Organizzazione Margaret Chan in un articolo di accompagnamento pubblicato sempre da Lancet -, considerando solo alcuni degli effetti e assumendo che ci sia un continuo progresso economico e nella protezione della salute, che i cambiamenti climatici saranno responsabili di circa 250mila morti addizionali l'anno nel 2030».
Il rapporto è stato pubblicato a pochi mesi dalla conferenza di Parigi sul clima, e contiene anche alcune indicazioni per i governi. La principale misura suggerita dagli esperti è un'uscita rapida dall'utilizzo del carbone, responsabile di milioni di morti per malattie respiratorie. «I cambiamenti climatici sono spesso trascurati nel dibattito politico - spiega Anthony Costello dell'University College di Londra, che ha coordinato il rapporto -. Siamo convinti che sia un'emergenza sanitaria perchè per invertire la rotta servono misure immediate, entro i prossimi dieci anni».
Nel mondo, sottolineano gli esperti, l'88% della popolazione respira aria che non soddisfa i criteri di sicurezza dell'Oms. «Questo è dovuto anche a precise scelte politiche - scrive Chan -. L'impatto sulla salute dell'inquinamento atmosferico non si riflette sul prezzo dei combustibili fossili che lo causano ma è a carico delle vite perse e delle spese sanitarie. Un recente rapporto del FMI ha calcolato che i sussidi per la produzione di questi combustibili ammontano a 5,3 mila miliardi di dollari, più delle spese sanitarie di tutti i paesi del mondo».
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