MADRID. Quasi sette milioni di uomini in Italia soffrono di ipertrofia prostatica benigna, una malattia che potrebbe essere trattata senza problemi e che invece viene ignorata in metà dei casi, portando a disagi molto grandi che arrivano a subordinare la propria vita alla vicinanza di un bagno. Le cifre sono state date dalla Società italiana di Urologia (Siu) in occasione del congresso di quella europea che si è appena aperto a Madrid.
Il problema, hanno spiegato gli esperti, riguarda metà dei cinquantenni, il 65% dei sessantenni e l'80% dei settantenni. Percentuali dimezzabili se la malattia fosse affrontata per tempo. Mentre invece viene 'accettata', ingiustamente, come naturale conseguenza del processo di invecchiamento. «Gran parte dei pazienti - spiega Vincenzo Mirone, Professore Ordinario della Facoltà di medicina e Chirurgia dell'Università Federico II di Napoli e Segretario Generale della Società Italiana di Urologia (SIU) - considera i disturbi urinari come fisiologici, normali, e sono rassegnati a sopportarli. Si stima, infatti, che meno del 50% degli uomini che presentano difficoltà urinarie si rivolge ad un medico».
Sono proprio i medici di base, continua Mirone, che potrebbero avere un ruolo importante nel fare da sentinella, ad esempio quando i pazienti vanno a chiedere un 'aiutino' per le disfunzioni sessuali, che insieme ai problemi di incontinenza sono i sintomi più evidenti della malattia. «Le linee guida internazionali non lasciano spazio a dubbi - aggiunge Mirone -. Tutti, ma proprio tutti, i maschi di 50 anni e oltre dovrebbero essere intervistati dal medico sull'Ipertrofia prostatica benigna e informati su ciò che rischiano e su come invece il problema è facile da risolvere se individuato in tempo».
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