PALERMO. Ancora oggi i siciliani amano pensare che il giovane Cola stia ancora sorreggendo le colonne della propria Isola. Storie che ancora oggi si rincorrono ma che non tutti forse conoscono. Si tratta della leggenda di Colapesce soprannominato così per la sua inclinazione a vivere sempre in mare insieme ai pesci. Fu per questa sua prerogativa che il re di Sicilia volle metterlo alla prova, buttando un anello in mare e chiedendogli di andarlo a riprendere. Una volta tornato, Colapesce riferì al re di aver visto in fondo al mare che la Sicilia poggiava su tre colonne: una era salda, la seconda era rotta e la terza stava per rompersi. Fu allora che il re non gli volle credere. Per dimostrargli la sua buona fede, Colapesce si offrì di tornare in mare per far bruciare un pezzo di legno così da provare quanto detto. Una volta in fondo al mare, non tornò più a galla. Da qui la credenza che sia rimasto a sorreggere le colonne della Sicilia. Ma come ogni leggenda che si rispetti, anche quella di Colapesce offre diverse versioni. Le prime attestazioni della leggenda risalirebbero a quelle del poeta Raimon Jordan, che racconta di un "Nichola de Bar" che viveva come un pesce. Il canonico inglese Walter Map, successivamente, riconobbe Colapesce nella figura di "Nicolaus", soprannominato "Pipe" che viveva nel mare riuscendo a restarci senza respirare.
La sua caratteristica era quella di avventurarsi sempre tra i fondali alla ricerca di cose preziose. Si racconta che quando il re di Sicilia Guglielmo II incuriosiro volle consoscerlo, una volta fuori dal mare il giovane Colapesce morì tra le braccia di chi lo voleva portare dal re. Ma non finisce qui. Un monaco inglese contemporaneo, Gervasio di Tilbury, invece riconosce Colapesce in "Nicolaus", soprannominato "Papa". Altro non era che un abile marinaio, pugliese di nascita, che il re di Sicilia Ruggero II costrinse a scendere nel mare del Faro per esplorare gli abissi. Una volta in fondo al mare, scoprì monti, valli, boschi, campi ed alberi ghiandiferi. Infine, un altro frate Salimbene de Adam raccontava la leggenda del re di Sicilia Federico II che ordinava a Nicola, nuotatore messinese, di riportargli una coppa d'oro che scagliava sempre più in profondità finché Nicola scomparve negli abissi. Per la prima volta compare il personaggio della madre che malediceva Nicola. Nella tradizione napoletana Cola (Nicola) Pesce o Pesce Nicolò è un ragazzo maledetto dalla madre per le sue continue immersioni. Finisce per diventare esso stesso pesce e a squamarsi. Ma esiste anche una leggenda tutta siciliana che racconta di Colapesce. Secondo la versione più conosciuta - ossia quella palermitana - Colapesce era un certo Nicola (Cola di Messina), figlio di un pescatore, soprannominato appunto Colapesce per la sua abilità nel muoversi in acqua. Dopo ogni immersione, amava raccontare ciò che aveva visto e a volte riportava a galla diversi tesori.
Conosciuto da tutti insomma tanto che il re di Sicilia ed imperatore Federico II di Svevia decise di metterlo alla prova. Buttata in acqua una coppa, Colapesce riuscì subito a riprenderla. Il re allora gettò la sua corona in un luogo ancora più profondo e Colapesce riuscì nuovamente nell'impresa. La terza volta, invece, il re gettò un anello in un posto ancora più profondo: fu allora che Colaspesce non riemerse più dalle acque.
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