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L'arte della pizza napoletana patrimonio Unesco: petizione negli Usa

NEW YORK. Dopo l'Italia, la petizione per chiedere che l'arte della pizza napoletana diventi un bene patrimonio dell'Unesco sbarca a New York. L'iniziativa è stata presentata nel corso di un evento nel ristorante Rossopomodoro, nel West Village, a cui hanno partecipato anche il presidente e fondatore della società, Franco Manna, l'ex ministro dell'agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio, e uno dei soci di Eataly, Nicola Farinetti.

Pecoraro Scanio ha spiegato: «Abbiamo ormai superato le 90 mila firme, e ora è partita anche l'iniziativa in inglese su 'change.org', la più grande piattaforma al mondo di petizioni online. Penso che riusciremo a superare le 100 mila firme che ci eravamo prefissati entro la fine di gennaio». L'ex ministro ha poi affermato che riconoscere l'arte della pizza napoletana nella lista dei beni del
'patrimonio culturale immaterialè dell'umanità «è un grande obiettivo per diffondere un elemento della cultura italiana che rappresenta la qualità del vivere».

«E soprattutto - ha aggiunto - per fare in modo che il prodotto diventato il più famoso del mondo non perda la sua identità di provenienza, perchè il piatto che conosciamo è nato con l'arte della pizza napoletana».

«L'importanza di questa iniziativa è far capire che la pizza è fatta di prodotti buoni, ma soprattutto dell'artigianalità dei pizzaioli, ciò che fa la differenza tra un prodotto fatto a mano e uno industriale», ha invece sottolineato Manna. «Con questa petizione speriamo di raggiungere una spinta mondiale per far capire all'Unesco che questa arte è uno dei patrimoni immateriali da preservare come tutte le artigianalità», ha proseguito il fondatore di Rossopomodoro, precisando che «tale riconoscimento ci aiuterà anche a proteggere la pizza dai fenomeni di italian sounding».  

Secondo le ultime stime Coldiretti, la falsificazione di prodotti che usano nomi italiani si sta allargando a macchia d'olio e costerebbe al Belpaese 300 mila posti di lavoro, con un fatturato del falso Made in Italy nel settore agroalimentare che ha già raggiunto i 60 miliardi di euro.

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