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Sanremo, sul palco l'esibizione di Paolo malato di Sla: "Non pensate mai di non farcela"

«Non pensate mai di non farcela» e non dimenticare mai di voler bene, e la prova è lui in prima persona, Paolo Palumbo.

La malattia non è vinta ma forse per qualche minuto è come sospesa, non arretra ma neanche avanza. Ed è sospesa grazie alla forza della musica, alla forza delle parole. Parole non articolate, perchè la malattia - la Sla - lo impedisce a Paolo, eppure un modo per farle sentire c'è, e lo offre la tecnologia, il macchinario. E così Paolo, tracheostomizzato, la sua vittoria l’ha vinta, il suo Festival di Sanremo l’ha vinto: perchè questa sera Paolo ha 'cantatò con gli occhi all’Ariston, portando quella canzone che non aveva superato la selezione finale. La voce l’ha prestata Christian Pintus mentre suo fratello Rosario provvedeva ad agire sul macchinario.

Gli occhi sono l’unica parte del corpo che Paolo può muovere. Ed ha parlato con gli occhi, quando Christian ha finito di cantare, 'guidato' da quegli occhi che puntavano lo schermo dello speciale macchinario.

«Buonasera a tutti, lasciate che mi presenti, sono nato in Sardegna (nel Nuorese, ndr) e da 4 anni combatto contro la Sla, ringrazio lo staff di Sanremo e Amadeus per avermi dato la possibilità di stare qui e portare il mio messaggio». Poi, con il suo racconto, è come se avesse catapultato tutti noi - spettatori all’Ariston, sala stampa, milioni di telespettatori a casa -, in quello che lui stesso ha definito un mondo ignoto: «Chiudete gli occhi e immaginate che anche il gesto più piccolo venga impedito, non fare un bel respiro profondo, non riuscire a bere un sorso d’acqua, non canticchiare la vostra canzone preferita».

Ha avuto parole dolci per il fratello Rosario, «un eroe, si prende cura di me e diventato le mie gambe e le mie braccia. Certo ogni tanto mi fa arrabbiare ma tutto torna come prima, lui e la mia famiglia mi hanno insegnato cosa è la vita, ho scoperto la forza dell’amore».

L’amore «ce l’abbiamo tutti anche se non ce ne rendiamo conto. La Sla mi ha impedito di diventare uno chef, ma la mia è la storia di un ragazzo non sfortunato ma di un ragazzo che continua a sognare e a continuare dritto, i limiti sono sempre dentro di noi. La vita è da fronteggiare con tutti gli sforzi. Avete usato il vostro tempo nel migliore dei modi, avete detto vi voglio bene a tutti?». Poi la constatazione che tante volte ci sfugge: «Ho imparato che il tempo è poco e prezioso e dovremmo viverlo intensamente riempendolo di altruismo, date al mondo la parte migliore di voi». E se qualcuno ancora non lo sa, «la mancanza di empatia e tolleranza» sono il male della società, «nel vostro piccolo fate quanto più potete per aiutare il prossimo e quando di fronte a un problema penserete di non farcela, pensate a quei guerrieri che lottano per vivere».

La Sla ha fermato, imprigionato, il corpo di Paolo, ma non la sua mente, non il suo animo generoso. E Paolo ci consegna un compito: la ricerca, sempre più la ricerca per combattere la Sla. Ma anche continuare a sognare e a voler bene. Pensando che anche la più grande difficoltà materiale nel vivere frenetico in realtà non è, non può esserlo. Una lezione di vita.

L’Ariston ha tributato la sua standing ovation a Paolo, che sognava e sogna di essere anche lui un Artista e sul palco del Festival alla fine ci è arrivato. E l’ha tributata ai tanti come lui.

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