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Il Premio Nobel per la medicina agli scienziati dei vaccini anti-Covid

L’ungherese Katalin Karikó e l’americano Drew Weissman hanno scoperto che la molecola di Rna messaggero può essere utilizzata per guidare il sistema immunitario verso molti nemici

Katalin Karikò e Drew Weissman

Era un Nobel atteso, quello ai vaccini basati sull’Rna messaggero che hanno inferto un colpo decisivo alla pandemia di Covid-19. È anche un premio a una ricerca rivoluzionaria perché segna l’inizio di un nuovo concetto di vaccinazione, ma portata avanti fra molte difficoltà e la generale sfiducia dimostrata inizialmente dalla comunità scientifica. Uno «zig-zag» lungo un percorso a ostacoli, l’ha definita l’ungherese Katalin Karikó, 68 anni, vincitrice del Nobel per la Medicina 2023 con l’americano Drew Weissman (64).

Due storie diverse, quelle dei due ricercatori: lei di origini modeste e una carriera scientifica non facile come la sua vita, lui con una storia più tranquilla ma schivo e completamente concentrato sul suo lavoro e i suoi obiettivi. «Per 20 anni abbiamo lavorato insieme prima che qualcuno ci conoscesse o che si occupasse del nostro lavoro», ha detto Weissman nell’intervista alla Fondazione Nobel. La loro scoperta ha dimostrato che la molecola di Rna messaggero può essere utilizzata per guidare il sistema immunitario verso molti nemici: non solo virus come il Sars-CoV-2, ma tumori, malaria e tubercolosi. La prima applicazione è il vaccino anti-Covid-19, sviluppato con una rapidità senza precedenti. Tanto che sono numerosi i commenti che si sono inseguiti sui social media per tutto il giorno: tanti i gli apprezzamenti sulla portata rivoluzionaria della scoperta di Karikò e Weissman e tanti i post ironici diretti a chi il vaccino anti-Covid, e i vaccini in generale, li considera inutili o pericolosi.

È stato il secondo Nobel a un vaccino, dopo quello assegnato nel 1951 al vaccino contro la febbre gialla, e il 13/o Nobel per Medicina assegnato a una donna. La stessa Karikò ha osservato come per una donna sia ancora difficile conciliare l’impegno per la ricerca e quello per la famiglia: è una delle tante «cose che possono essere cambiate».

Ecco perché la senatrice a vita e scienziata Elena Cattaneo ha definito questo premio come «un inno alla libertà di studio e al metodo della scienza». Dello spirito pionieristico che ha portato ai vaccini a mRna ha parlato anche il presidente dell’Aifa Giorgio Palù, che li ha definiti «un’innovazione tecnologica» e «un grande successo che aprirà le porte ad altre innovazioni nel campo dei vaccini terapeutici per altre malattie neoplastiche oppure per l’aggiustamento dei vaccini in tempi reali per combattere nuove forme epidemiche da agenti infettivi».

Ai due premiati le congratulazioni dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus: le loro scoperte, ha scritto su X (in precedenza Twitter), «che hanno consentito lo sviluppo di vaccini mRna efficaci contro il Covid-19. La loro dedizione per la scienza ha contribuito a salvare vite umane». Per Walter Ricciardi, presidente del Mission Board for Cancer della Commissione europea, «è un premio meritatissimo per l’originalità e il rigore della scoperta». Karikò, ha aggiunto, «ha perseverato nel difendere contro tutto e contro tutti la ragionevolezza della sua scoperta. fino a diventare quello che è oggi è stata, cioè una scoperta che ha salvato milioni di vite». Ben «20 milioni», ha sottolineato il famacologo Silvio Garattini, citando le stime dell’Ema. «La scoperta - ha detto ancora - sarà importante per altre malattie infettive».

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