Meloni chiude la festa di FdI: «I centri per migranti funzioneranno, l'obiettivo è combattere la mafia»
L’arena è quella che la galvanizza di più. Un comizio in piena regola, davanti al «suo» popolo. E Giorgia Meloni non si sottrae, difende a spada tratta l’azione del suo governo, a partire dal «modello Albania», rivendica come la battaglia delle battaglie quella contro il «tafazzismo» che non fa riconoscere agli italiani il loro stesso valore, e si scaglia contro vecchi e nuovi leader della sinistra, da Romano Prodi a Elly Schlein. Passando per quel Maurizio Landini che, affonda la premier, «non difende i lavoratori ma la sinistra che non li difende più». Meloni prende la parola a chiusura di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia che quest’anno è anche «meglio di come la facevo io», il tributo che fa agli organizzatori. Poi in 65 minuti condensa le invettive contro avversari che «avevano scommesso contro di noi ma hanno perso». Se la prende con Schlein in particolare, meno con Giuseppe Conte che è stato anche ospite al Circo Massimo: una calcolatrice sarà utile alla segretaria Pd, dice con ironia, visto che i Dem continuano a sbagliare i conti della sanità, che non ha «mai avuto finanziamenti così alti», rivendica la premier. Che punge Schlein anche su Stellantis («le si inceppa la lingua quando deve dirlo», la battuta per indicare quello che da destra viene visto come il silenzio dei dem sulla casa automobilistica). La premier ne ha per tutti, anche per «i guru dell’antimafia alla Saviano», che non riconoscono i risultati dell’esecutivo contro la camorra, «buttata fuori» dalla gestione dei migranti e pure «da Caivano“: i complimenti, ironizza ancora Meloni, «li aspettiamo domani». Ma è contro Prodi che si scaglia con inusuale veemenza. Dall’ex premier sono arrivati «improperi isterici», dice Meloni utilizzando l’escamotage dell’ipse dixit per citare una serie di accuse secondo lei ingiustificate al governo. «Ho aperto la mia bottiglia migliore e ho brindato, i patrioti devono essere fieri» perché gli attacchi dimostrano che «siamo dalla parte giusta della storia». È Prodi a essere «esperto di obbedienza», dalla «svendita del’Iri a come l’Italia entrò nell’Euro, passando per il ruolo determinante nell’ingresso della Cina nel Wto», è la controffensiva della premier, che rivendica invece di avere conquistato la guida “della Nazione» - per la destra sempre con la N maiuscola - proprio perché «siamo liberi». E di avere raggiunto risultati importanti a partire da «quasi un milione di posti di lavoro in due anni» che era la «bandiera di Silvio Berlusconi: ne sarebbe fiero». In prima fila ad ascoltare il suo intervento ci sono gli altri leader della coalizione, che è «compatta e stabile», il «più grande segno di discontinuità», sottolinea la premier dopo che gli alleati, nonostante le punzecchiature continue, hanno lanciato la loro scommessa anche per la prossima legislatura. E la premier accontenta tutti quando dice che il 2025 sarà «l’anno delle riforme» e cita il premierato, fermo da mesi in commissione alla Camera, ma anche l’Autonomia e la riforma della giustizia. Nessun arretramento nemmeno sui centri per la gestione dei migranti in Albania, uno dei suoi cavalli di battaglia. «Fermarli sarebbe il più grande favore ai trafficanti», alza la voce Meloni, assicurando che i centri «funzioneranno, dovessi passarci ogni notte da qui alla fine del governo». L’obiettivo, sottolinea, è «combattere la mafia e chiedo a tutto lo Stato italiano, alle persone perbene, di aiutarmi». Applausi scroscianti dalla platea che alla fine intona l’inno nazionale assieme lei, con indosso la felpa dei volontari. Poi parte ‘A mano a manò, di Rino Gaetano, si abbassano le bandiere tricolori e la folla lascia il villaggio al Circo Massimo. E anche lei, dopo un confronto nel retropalco con Mateusz Morawiecki, incoronato suo successore alla presidenza di Ecr, torna a vestire i panni di capo del governo, non solo del partito. Prossimo impegno l’ultimo Consiglio Ue del 2024: l’Europa, avverte, rischia di «diventare ininfluente» se non cambia passo. Gli Stati Uniti intanto hanno cambiato guida con Donald Trump. «Sono di destra, non ho alcuna difficoltà a dialogare con tutti se serve all’Italia ma - ammette - a maggior ragione sono felice di poter dialogare con i conservatori americani».