Nel governo monta il sospetto che una parte di magistratura «politicizzata» voglia mettere i bastoni tra le ruote. Per Palazzo Chigi una prova in più è la mail del sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello, inviata ai colleghi e pubblicata dal Tempo. La premier ne rilancia un passaggio che la riguarda: «Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte, e anche molto più pericolosa la sua azione la rilancia». E il commento è laconico: «Così un esponente di Magistratura democratica». «Anche oggi - la attacca la leader del Pd Elly Schlein - ci regala la sua dose di vittimismo quotidiano». In questo clima ad alta tensione l’esecutivo prepara il decreto legge con cui, nel Consiglio dei ministri programmato alle 18, intende porre «soluzione» al «problema» nato dalla decisione del Tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento dei migranti all’interno del cpr in Albania. Un provvedimento che dovrebbe rendere norma primaria, e non più secondaria come il decreto interministeriale, l’indicazione dei Paesi sicuri, quelli verso cui è più facile disporre i rimpatri. Si lavora, spiegano fonti di maggioranza, anche a un altro aspetto: ossia i ricorsi contro le decisioni sul trattenimento nei cpr, e si sta valutando di farlo con le Corti d’Appello. Una soluzione già introdotta, per le richieste d’asilo, con il recente decreto flussi, e che ha generato l’allarme dei 26 presidenti delle Corti d’Appello, alle prese con organici ridotti e sovraccarico di cause. Si andrebbero così a toccare due elementi della sentenza del Tribunale di Roma, «abnorme» per il guardasigilli Carlo Nordio e ineccepibile per le l’Unione delle camere penali, secondo cui i giudici si sono «limitati ad applicare la normativa europea di riferimento, in linea con le indicazioni vincolanti della Corte di Giustizia dell’Unione europea». «La magistratura non ha compiti politici ma di rispetto dei diritti e delle garanzie delle persone», puntualizza il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, che vede «minacce» nelle parole di Nordio e denuncia «toni di aggressione al lavoro giudiziario che non hanno precedenti». Sono ancora in corso approfondimenti sul testo del decreto, si lavorerà fino all’ultimo e non è del tutto escluso che serva più tempo per limare l’intervento. Non è detto che basti a evitare nuove pronunce come quelle di Roma. Ma, secondo i ragionamenti che si fanno in maggioranza, dietro il provvedimento c’è anche «un messaggio politico», e l’intenzione è comunque di «andare avanti» per salvaguardare il principio delle procedure di rimpatrio accelerate e non vanificare le intese internazionali con i relativi investimenti. Il Quirinale in questo momento segue attentamente l’evolversi della situazione ma, come sempre, si esprime sugli atti. Al Colle si attende di conoscere il contenuto del decreto legge e - come si evince anche dall’invito alla prudenza lanciato da Sergio Mattarella nel discorso a Bari - l’attenzione va al di là dello scontro fra governo e magistrati, anche ai risvolti europei della questione. Tanto più perché al centro c’è il tema della gestione delle migrazioni, in cima all’agenda della nuova Commissione Ue. Intanto, dopo Silvia Albano, una dei giudici della sezione immigrazione del Tribunale di Roma, finisce nel mirino della batteria di commenti della maggioranza un altro esponente di Magistratura democratica. Per Maurizio Gasparri, la mail di Patarnello è «eversiva» e si domanda se il capo dello Stato, in quanto presidente del Csm, possa «tollerarla». Secondo Tommaso Foti (FdI), desta «fondata preoccupazione sulla dovuta terzietà del potere giudiziario», e dal partito della premier si denuncia la «deriva» delle «toghe rosse». Sono solo «maliziose interpretazioni», secondo Santalucia: «Nessun magistrato né l’Associazione nazionale magistrati ha mai detto di voler “porre rimedio” all’azione del presidente del Consiglio. Non cerchiamo alcuna contrapposizione con l’esecutivo, ma viviamo una grande preoccupazione per gli attacchi rivolti ad alcuni uffici giudiziari per il semplice fatto di aver deciso secondo legge e diritto».