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Stretta sui cellulari degli immigrati: niente sim senza il permesso di soggiorno

L’emendamento inserito nel disegno di legge sulla sicurezza. Per le opposizioni è una norma «razzista e incostituzionale»

Lo striscione portato in piazza a Napoli dagli attivisti della campagna "Liberi di Lottare: fermiamo il ddl1660", Napoli, 10 settembre 2024. ANSA (NPK)

Niente scheda del cellulare, senza il permesso di soggiorno in Italia. Indispensabile, oltre a un documento di identità. È il limite imposto agli immigrati extracomunitari che vogliano acquistare una sim del telefonino, e spunta nel disegno di legge sicurezza in discussione alla Camera. Dietro la novità c’è Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia e meloniano di ferro. Suo l’emendamento proposto al testo, insieme al collega di partito Francesco Michelotti. Donzelli lo rivendica: «È nato da un confronto con alcuni investigatori delle squadre mobili» ed è concepito come misura anti criminalità e aiuto nelle intercettazioni, costrette a fermarsi di fronte a sim intestate a persone irrintracciabili o nomi falsi. Una mossa contro chi delinque e usa «il mercato delle sim fantasma».
Le opposizioni annunciano battaglia contro una norma «razzista e incostituzionale» (le accuse più forti), perché non solo impedisce le comunicazioni degli extracomunitari con familiari e amici - fanno notare - ma li rende irreperibili anche per ogni altra pratica burocratica, comprese la richiesta di permesso all’ufficio immigrazione o la ricerca di lavoro. «Si legalizza così la loro condizione di fantasmi», denuncia Stefania Ascari del M5s. E proprio i 5 Stelle hanno presentato un emendamento per cancellare interamente la norma. Pesa inoltre, secondo le opposizioni, il «blitz» tentato (e in parte riuscito) dal centrodestra soprattutto per le modalità di presentazione.

Approvato dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia ad agosto, a ridosso dalla pausa estiva del Parlamento, l’emendamento Donzelli-Michelotti è nel testo che l’aula voterà la prossima settimana, in prima lettura. La proposta modifica l’articolo 32 del disegno di legge: una specie di «omnibus» che da settimane scalda maggioranza e opposizioni, tra stretta su detenute madri, cannabis light e aggravanti per i reati commessi sui treni o vicino alle stazioni. In particolare, incide sul codice delle comunicazioni elettriche del 2003, nella parte sull’identificazione degli utenti a cui vengono vendute le schede da parte delle società di telefonia. Il permesso di soggiorno (o la denuncia, se smarrito) diventa condicio sine qua non, anche per comprare un altro dispositivo mobile con la sim, ad esempio un tablet. Inoltre, contro i «furbetti» pronti ad aggirare il divieto, la norma voluta da FdI va oltre: chi sarà scoperto e condannato per avere dato il permesso di un migrante in regola, sostituendosi a lui, non potrà comprare un telefono da sei mesi a due anni.

Sanzioni e pugno duro che agitano il centrosinistra ma non sempre sono condivisi in tutto il centrodestra. Non a caso parte di Forza Italia non molla la battaglia sullo ius scholae, tema con cui ha punzecchiato gli alleati per tutta l’estate. Lo fa il segretario Antonio Tajani anche se ufficialmente è per smarcarsi dall’emendamento proposto da Azione sullo stesso tema, nel tentativo di stanare gli azzurri. «Quell’emendamento di quattro righe era una provocazione e noi non cadiamo nella provocazione, un gioco per creare problemi alla maggioranza che respingiamo al mittente», è la premessa del vicepremier. Che poi insiste: «Siamo a favore dello ius scholae ma non basta la frequenza, è necessario il profitto: presenteremo una proposta complessiva e seria sulla cittadinanza».

Nella foto una manifestazione a Napoli contro il disegno di legge sicurezza

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