Lunedì 23 Dicembre 2024

Ue, Giorgia Meloni si astiene su Ursula von der Leyen e va a caccia di una delega pesante

La partita è sempre più difficile, ma i giochi non sono chiusi. Il voto sui top jobs in Europa apre scenari complessi a Bruxelles, con qualche contraccolpo sui rapporti di maggioranza in Italia. In Ue, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha votato contro Kaja Kallas per il ruolo di Alto rappresentante e contro Antonio Costa per la presidenza del Consiglio europeo. Ma si è astenuta sulla conferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione, lasciando così spiragli di dialogo per la partita dei commissari: in ballo ci sono ruoli e deleghe. E il voto all’Europarlamento. In Consiglio europeo, Meloni ha bocciato «il metodo e il merito» delle scelte, ma ha evitato fratture con Forza Italia: «Ha tenuto conto della nostra posizione», ha fatto notare il vicepremier Antonio Tajani. Che ha fatto da sponda fra governo italiano e Ppe. Una situazione non comodissima per il ministro degli Esteri, specie alla luce del fatto che il suo nome circolava fra i papabili qualora fosse saltata l’opzione von der Leyen bis. Meloni per adesso è rimasta fuori dai giochi. Per portare a casa il risultato, da ora in poi sarà fondamentale l’esito della trattativa con von del Leyen sui ruoli in commissione: in quest’ottica, l’astensione italiana in Consiglio europeo potrà giovare, si rileva in ambienti politici nazionali. L’obiettivo - si ragiona in alcuni settori della maggioranza - sarebbe ottenere per l’Italia una vicepresidenza della commissione e una delega di peso. In primis, una legata alla supervisione del Pnrr. Un risultato ritenuto comunque molto difficile da raggiungere: per questo si parla anche di una delega sulla coesione o che abbia comunque un aggancio col Pnrr. Tra i nomi dei candidati continua a circolare quello del ministro Raffaele Fitto, la cui delega di governo in Italia, qualora dovesse trasferirsi a Bruxelles, eventualmente potrebbe passare alla premier con un interim. Da Palazzo Chigi al momento bocche cucite sulle possibili strategie della presidente del Consiglio. Per le opposizioni, però, non c’è strategia che tenga: «È la prima volta - ha commentato l’eurodeputato Pd Brando Benifei - che l’Italia gioca a nascondino, per trattare sottobanco. Non è degno dell’Italia, siamo finiti a fare peggio di Orban». Quello sui top jobs, ha spiegato l’europarlamentare M5s Pasquale Tridico, è stato «un euroflop che fa male all’Italia. Il nostro Paese si è isolato». Il deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, Angelo Bonelli, ha ricordato che «l’Italia ha sempre avuto ruoli importanti in Europa. Oggi, a causa delle politiche fallimentari di Meloni, siamo marginalizzati». Ma siamo al primo tempo. Per un bilancio definitivo c’è da aspettare. Nelle trattative europee, Meloni potrebbe mettere sul piatto anche i voti dei suoi eurodeputati quando, il 18 luglio, l’Aula sarà chiamata a dare il via libera definitivo alla conferma di von der Leyen. Anche se fra gli avversari della premier c’è chi scommette che la presidente della commissione proverà a blindarsi magari coi Verdi, visto che l’universo delle destre è piuttosto agitato. E poi, viene ricordato, il voto è segreto. Un momento della verità, comunque, ci sarà a inizio luglio, quando il Parlamento europeo definirà ufficialmente la composizione dei gruppi. L’accordo sui top jobs è stato preso da popolari, socialisti e liberali. Per Matteo Salvini, segretario di un partito che in Europa fa parte di Id, si è trattato di un «ennesimo gesto di arroganza e mancanza di rispetto per i cittadini che hanno chiesto il cambiamento da parte di Bruxelles e dei burocrati europei che hanno riconfermato la von der Leyen in una squadra con la sinistra e i socialisti che hanno fatto tanti danni in questi 5 anni. È stato un colpo di stato e la democrazia ci impone di reagire con tuti i mezzi possibili». Un’analisi che non è piaciuta all’alleato di governo Tajani: «Queste parole a livello europeo assolutamente non influiscono. Sono giudizi politici. Non è il mio linguaggio, non influiscono sul peso dell’Italia, che è un Paese fondatore dell’Europa».

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