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Siccità in Sicilia, Schifani vola a Roma: vertice in Consiglio dei ministri sulla richiesta di stato d'emergenza

Intanto, i livelli degli invasi si abbassano: volumi dimezzati in un mese

Il Consiglio dei ministri esaminerà domani pomeriggio, lunedì 6 maggio, la richiesta presentata dalla Regione Siciliana per la «dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di deficit idrico in atto in Sicilia». Alla riunione a Palazzo Chigi, in programma alle 17.30, parteciperà il presidente della Regione, Renato Schifani.

I livelli degli invasi sono sempre più preoccupanti. La diga messa meglio, si fa per dire, è quella del lago Garcia, in territorio di Contessa Entellina, con poco più di 25 milioni di metri cubi di acqua, ma tra i dieci invasi «promiscui» dell’Isola, cioè quelli a uso sia potabile che irriguo, si tratta di un’eccezione. Per il resto, il quadro delineato nell’ultima riunione dall’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici è nerissimo, anche a confronto con i dati, già critici, rilevati lo scorso aprile, tanto che, nel giro di un mese, vuoi per le temperature superiori alla media stagionale vuoi per il vento, buona parte delle dighe a doppio utilizzo ha visto evaporare la metà dei propri volumi, spingendo l’Autorità regionale di bacino alla drammatica scelta, anticipata ieri dal nostro giornale e programmata domani con atto ufficiale: la chiusura dei rubinetti per le campagne, per convogliare la risorsa soltanto sulle abitazioni.

Ma non va certo meglio nelle strutture destinate al solo uso irriguo. In poco più di quattro settimane il lago Arancio, a Sambuca di Sicilia, è passato da 17 a otto milioni di metri cubi, mentre il sistema San Giovanni-Furore, da cui dipende l’areale dell’uva da tavola di Canicattì e Naro, si è abbassato da 12 a sei milioni e nel Trapanese la diga Trinità si è ristretta da cinque a due milioni. Per non parlare del Paceco, calato da quattro a due milioni, e del Rubino, passato da tre a 1,8 milioni, e del laghetto Gorgo, «strizzato» fino a raggiungere i 420 mila metri cubi. Ovviamente, l’acqua di queste strutture continuerà ad essere usata per far sopravvivere le colture, ma con ogni probabilità, visto il deficit, si punterà più sulle irrigazioni di soccorso. E fino a un certo punto, perché per legge bisogna comunque salvaguardare le specie ittiche che vivono negli invasi e non si può dunque oltrepassare un certo livello.

C’è poi la cenerentola della Sicilia, l’unica diga ad esclusivo utilizzo potabile, quella del Fanaco, ridotta a una «pozzanghera» da 1,2 milioni di metri cubi e, a quanto si evince dal verbale dell’Osservatorio, destinata a esaurirsi entro il 6 luglio: «Dopo quella data la risorsa a disposizione del sistema consisterà soltanto in quella che si deriva dalle sorgenti per circa 60 litri al secondo».

Per allungare la vita della struttura fino alla fine di agosto, il prossimo mese verrà collocata una zattera galleggiante nella galleria di derivazione, capace di prelevare un volume morto di 400 mila metri cubi. Ma il rimedio difficilmente impedirà dei tagli idrici ai comuni serviti dal lago, come San Giovanni Gemini e parte anche di Casteltermini, dove «si prevedono nel periodo estivo diminuzioni che vanno oltre l’80% delle normali forniture». Sempre per quanto riguarda l’uso potabile e sempre nell’Agrigentino, evidenzia la relazione, «sono state attivate delle ricerche idrogeologiche. Purtroppo, però, le fonti trovate, delle analisi effettuate, non sono risultate potabili. Si evidenzia infine che a breve la situazione emergenziale non potrà che aumentare perché in provincia, come è noto da Sciacca a Licata, sono presenti tutta una serie di strutture ricettive e grossi complessi alberghieri che normalmente richiedono fabbisogni idrici notevoli».

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