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La Sicilia invasa da fiumi di droga, l’Antimafia lancia l’allarme

I dati allarmanti si riferiscono all’intero territorio, non si salva nessuna provincia. Il traffico di stupefacenti è il principale business delle famiglie mafiose che controllano nei propri mandamenti le piazze di spaccio. Cracolici: «Milioni di euro nel circuito criminale». Schifani: «Aggredire i patrimoni»

C’è un veleno a bassissimo costo che scorre come un fiume in piena nelle strade e nelle piazze della Sicilia. Il crack, la droga a basso costo, circola nelle vene e nel sangue di molti giovani, le vittime più numerose e anche le più fragili perché difficilmente riescono a liberarsi dalla dipendenza che crea. Dal bilancio dell’attività della commissione Antimafia emerge che la Sicilia è inondata di droga. «Questa mia affermazione – dice il presidente Antonello Cracolici - non è buttata lì in maniera estemporanea, basta semplicemente vedere le quantità di stupefacenti che vengono sequestrate ai trafficanti, chili e chili di droga proveniente dal Sud America pronta a essere trasformata, pensiamo al crack che è un derivato della cocaina. Sono milioni e milioni di euro che entrano nel circuito della criminalità organizzata, anche con un sistema di triangolazione con la ndrangheta che di fatto controlla il mercato degli stupefacenti internazionali».

I dati allarmanti si riferiscono all’intero territorio, non si salva nessuna provincia. La Sicilia è una delle piattaforme di spaccio più importanti, eroina, cocaina, crack, droghe sintetiche, il traffico di stupefacenti è il principale business delle famiglie mafiose che controllano nei propri mandamenti le piazze di spaccio. «Un dato deve preoccupare: se c’è questa quantità di droga che entra nel sistema siciliano – spiega Cracolici - significa che esiste una domanda che investe trasversalmente le generazioni, anche se ci sono fasce sempre più giovani che accedono al mercato della droga. Con gravissime conseguenze perché per esempio sul crack non esistono antidoti, come il metadone per l’eroina, che possano avere effetti curativi».

Bisogna dunque mettere in campo delle strategie di contrasto al traffico illecito di sostanze stupefacenti. «La prima arma è quella repressiva con l’attività di individuazione dei canali di traffico – continua il presidente dell’Antimafia - ma bisogna agire anche sul fronte del consumo, cioè dobbiamo far capire che consumare una dose di droga significa sostenere Cosa nostra. C’è il rischio che il consumatore e persino lo spacciatore non si sentano colpevoli di far parte di un sistema criminale. Lo spaccio è affidato a una catena distributiva più legata al reddito quotidiano, si guadagnano 40-50 euro al giorno come se si facesse il manovale. Occorre perciò la consapevolezza che droga in Sicilia vuol dire mafia e non possono esserci equivoci».

Le analisi e proposte della Commissione sono state accolte positivamente dal presidente della Regione, Renato Schifani: «Questa è la politica che mi piace. Mai abbassare la guardia e non fare sconti a nessuno. La mafia si combatte aggredendo il patrimonio, perché la reclusione fa parte del pedigree del mafioso, è quasi un titolo. Ma il sequestro del patrimonio li fa impazzire».
Dalla relazione emerge in modo sconfortante che la mafia è presente non solo per la droga ma anche per il racket delle estorsioni e il controllo delle armi. “Ci sono segnali che ci preoccupano: mai come adesso in molti territori – dichiara Cracolici - si è diffuso il possesso di armi, persino in ambienti insospettabili. La cronaca ci consegna un pericoloso modello di comportamento anche tra i giovanissimi, come il caso di un diciassettenne che prima di andare in discoteca si è munito di una pistola. Si diffonde la mafiosità come stile di vita. Portare la pistola diventa uno status symbol, si entra in una dimensione cinematografica e il senso del limite viene meno». Mafia e ancora mafia in tutti i settori della società con i suoi molteplici affari, dalla droga alle estorsioni, dalle truffe dei pascoli al sistema economico nel turismo, nell’energia nei rifiuti. «Dobbiamo capire – aggiunge il presidente dell’Antimafia - che l’arresto di Messina Denaro non significa che la mafia non esiste più, anzi. Non c’è la mafia dei “capi” ma esiste quella diffusa pacificata al suo interno fa meno rumore ma è sempre pericolosa. Io l’ho definita come la mafia nel suo massimo momento di gassosità, una mafia il cui odore entra nelle radici ma non ne avverte il puzzo, è nell’aria ma in forma inodore e avvelena lo stesso».

In aula è stato ribadito più volte che la mafia è forte ma lo Stato reagisce con arresti e sequestri milionari, anche se si registra un arretramento della società civile, una crescita del sentimento d’indifferenza nell’opinione pubblica. «Ho proposto l’introduzione di un Osservatorio permanente sullo stato degli appalti in Sicilia - conclude Cracolici - dobbiamo avere una strategia per sostenere la sicurezza dei comuni, il potenziamento dei vigili urbani, perché se in città ci sono più divise urbane si lancia un messaggio di controllo del territorio, di legalità di presenza dello Stato».

 

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