Il day after porta una tregua, seppure armata. Fratelli d'Italia non aprirà la crisi di governo. Non ritirerà gli assessori dalla giunta Schifani, come minacciato a caldo, mercoledì sera, dopo la bocciatura all'Ars della legge salva-ineleggibili e la riunione di giunta in cui, in assenza dei meloniani, sono stati nominati i vertici della sanità pubblica.
Da Roma la sponda che i deputati siciliani avevano chiesto per aprire le ostilità nel centrodestra non è arrivata. Anzi, l'input è stato di gettare acqua sul fuoco. E da Palermo e Catania i segretari regionali, Giampiero Cannella e Salvo Pogliese, non sono intervenuti sul caso. Oggi dal partito non è arrivato neanche un comunicato per ribadire l'amarezza per il fuoco amico subito all'Ars. Anche se le chat dei meloniani sono invase da messaggi rancorosi in cui il leghista Luca Sammartino viene indicato come il regista dell'operazione contro di loro. Allo stesso modo è la Dc ad essere vista da Fratelli d'Italia come «un partito che non rispetta i patti».
E tuttavia i buoni rapporti di Renato Schifani con Ignazio La Russa hanno spinto verso una tregua. Anche se sotto traccia la tensione resta altissima fra meloniani e alleati e non permette di guardare con tranquillità ai prossimi appuntamenti all'Ars, a partire dal voto, martedì, sulla riforma che reintrodurrà l'elezione diretta nelle Province. Fratelli d'Italia ha nel mirino il leghista Luca Sammartino, considerato il regista della manovra che ha affondato la salva-ineleggibili. E pure la Dc viene accusata di tradimento dei patti.
Anche se, va detto, perfino fra gli stessi meloniani c'è chi ritiene un errore aver puntato su una norma molto contestata, la salva-ineleggibili, che avrebbe rimosso retroattivamente le cause che potrebbero portare alla decadenza di quattro deputati, tre dei quali di Fratelli d'Italia. Per Basilio Catanoso «c'è una legge e le leggi vanno rispettate e non si doveva porre il problema del superare l'ineleggibilità con una norma retroattiva. È una cosa che una persona di destra non comprende. Non lo può comprendere un nostro elettore, figuriamoci un dirigente politico. Credo che la vicenda non andasse proprio posta. Ritengo che un partito organizzato dovrebbe dire: “tu hai avuto un grande successo, una risposta ai tuoi elettori la si deve dare e dunque farai un'altra cosa, avrai un altro incarico per rappresentare il tuo elettorato in altro modo' e così si continua secondo quello che sono le leggi».
«Non credo – conclude Catanoso - si possano rincorrere delle cose che sono al di fuori del seminato». Da qui Catanoso arriva alla conclusione che evidenzia la distanza fra il gruppo dei deputati e i vertici del partito: «Sarebbe una pazzia mettere in crisi un governo. Bisogna sedersi tutti a un tavolo e ragionare con un approccio positivo, che è quello del servizio alla nostra Sicilia. Il centrodestra in tal senso ha una grande responsabilità».
Dall'esterno intanto continuano a piovere critiche anche sulla nomina dei manager della sanità. Per Luisella Lionti, segretaria della Uil «speriamo che adesso si torni a parlare della sanità e che si affrontino tutte le questioni aperte. È necessario garantire a tutti i siciliani un buon sistema sanitario, oggi purtroppo allo sfascio». E per Sebastiano Cappuccio e Paolo Montera, rispettivamente segretario generale della Cisl Sicilia e segretario generale della Cisl Fp Sicilia «I siciliani - dicono - vogliono una buona medicina del territorio per cui non si può perdere neanche un euro dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per la costruzione di ospedali e case di comunità e centrali operative territoriali (Cot). Occorre - aggiungono Cappuccio e Montera - riorganizzare la rete ospedaliera, ridurre le liste d’attesa, completare le stabilizzazioni del personale precario, ex Covid e non solo, programmare le nuove assunzioni e lavorare intensamente per garantire la sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro».
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