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Disavanzo dei conti, Corte Costituzionale: stop alla norma che spalma il deficit della Regione in dieci anni

Secondo i giudici è illegittimo l’articolo con il quale la Regione veniva autorizzata a spalmare in dieci anni il disavanzo residuo anziché nei tre anni previsti dalla legge

PALERMO,Corte dei Conti,udienza per il giudizio di parifica.Nella foto Il Presidente della Regione Renato Schifani e l'assessore Marco Falcone....Ph.Alessandro Fucarini.

No al ripiano del disavanzo della Regione siciliana in dieci anni. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, 158 con il quale la Sicilia veniva, di fatto, autorizzata a spalmare in dieci anni il disavanzo residuo, anziché nei tre anni previsti dalla legge.

In virtù della incostituzionalità del decreto legislativo diventano illegittime le poste di bilancio della Regione siciliana approvate in applicazione di questa norma ovvero l'articolo 4, comma 2 dell’assestamento del bilancio di previsione 2019 e del triennale 2019/2021. Si tratta dei bilanci per i quali la Corte dei Conti aveva sospeso i giudizi di parifica per l’esercizio finanziario 2020 con conseguenze su tutti i successivi bilanci.

Era stata proprio la Corte dei Conti a sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma che permetteva di spalmare in dieci anni il disavanzo. Una norma nel frattempo superata perché abrogata grazie ad un nuovo accordo dello scorso anno fra Stato e Regione e sostituita da una nuova norma, che ha invece seguito l’intero iter parlamentare, e che permette di spalmare quello stesso disavanzo in otto anni anziché in dieci o nei tre ordinari. Sentenza di principio Nonostante l’abrogazione della norma e la possibilità che la Corte Costituzionale dichiarasse il non luogo a procedere per estinzione del contenzioso, i giudici hanno scelto, invece, di esprimersi ugualmente in termini di principio giuridico dando ragione alla Corte dei Conti.

«La sentenza della Corte costituzionale dichiara illegittima la norma del 2019 che consentiva di diluire in dieci anni il disavanzo della Regione a quel tempo esistente. L’equilibrio dei nostri conti, comunque, non è in discussione poiché nel frattempo abbiamo rispettato le indicazioni di Roma e della Corte dei conti, abbattendo il disavanzo e rimettendo la Sicilia in regola. In ogni caso, la norma oggetto della sentenza è stata superata dalla disposizione legislativa del 2022 che accorda alla Sicilia il ripiano del disavanzo in otto anni», spiega il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, commentando la decisione della Corte costituzionale.

«Nel 2022 - aggiunge l’assessore all’Economia, Marco Falcone - siamo scesi da 6 a 4 miliardi di euro e per il rendiconto 2023 le nostre previsioni accreditano un ulteriore calo di ben 500-700 milioni. Proseguiremo, dunque, nella virtuosa operazione di ripiano del nostro debito senza incidere sul livello dei servizi offerti dalla Regione, e anzi potenziandoli e incrementando gli investimenti».

Per Antonio De Luca, capogruppo del M5S all'Ars «la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del piano di disavanzo in 10 anni redatto dal duo Armao - Musumeci è l’ennesimo schiaffo alla Regione e la prova che la Sicilia con il centrodestra non ha futuro. Si tratta di una sentenza tutt'altro che sorprendente della Consulta che ha dichiarato l’incostituzionalità della manovra redatta dal Governo Musumeci nella scorsa legislatura. Sicuramente è brutto - continua Antonio De Luca - dire che lo avevamo detto, ma noi lo abbiamo quasi gridato e purtroppo siamo rimasti inascoltati. E lo abbiamo ripetuto anche a Falcone e Schifani che, in perfetta continuità con Armao e Musumeci, hanno fatto orecchio da mercante: spalmare il disavanzo in troppi anni è un danno alle future generazioni e per tale motivo è incostituzionale. Ma loro, piuttosto che chiudere gli stipendifici delle tante inutili partecipate dalla Regione, hanno preferito spalmare i debiti e fare finta di nulla e questo è il risultato».

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