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Mattarella e le guerre: «Spazio alla cultura della pace, non con un astratto buonismo ma con un esercizio di realismo»

Il discorso di fine anno del presidente della Repubblica

La guerra, l’odio, «tutto questo accade vicino a noi. Nel cuore dell’Europa. Sulle rive del Mediterraneo. Macerie, non solo fisiche. Che pesano sul nostro presente. E graveranno sul futuro delle nuove generazioni. Di fronte alle quali si presentano oggi, e nel loro possibile avvenire, brutalità che pensavamo, ormai, scomparse; oltre che condannate dalla storia». È uno dei momenti più intensi del disco di fine d’anno del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

«È indispensabile - dice il capo dello Stato - fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace. Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità».

«Sappiamo - aggiunge Mattarella - che, per porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace. Occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti».

Un appello il suo contro la violenza. «Avvertiamo angoscia per la violenza a cui sovente assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana», dice Mattarella, allargando l'orizzonte. In piedi, a piano terra, nella sala Tofanelli, Sergio Mattarella ha voluto salutare quest’anno gli italiani dalla soglia di una sala al primo piano del Quirinale, che affaccia sull'albero di Natale che accoglie i visitatori che salgono allo Studio alla vetrata. Da qui, già nel 2019 aveva mandato i suoi auguri di fine anno, allora seduto su una poltroncina in mezzo alla sala, invitando a dare più spazio ai giovani e ad avere più fiducia nel nostro Paese. C'è angoscia per la violenza, «anzitutto, la violenza delle guerre. Di quelle in corso; e di quelle evocate e minacciate. Le devastazioni che vediamo nell’Ucraina, invasa dalla Russia, per sottometterla e annetterla». C'è angoscia anche per «l'orribile ferocia terroristica del 7 ottobre scorso di Hamas contro centinaia di inermi bambini, donne, uomini, anziani d’Israele. Ignobile oltre ogni termine, nella sua disumanità. La reazione del governo israeliano, con un’azione militare che provoca anche migliaia di vittime civili e costringe, a Gaza, moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case, respinti da tutti». E questo perché «la guerra - ogni guerra - genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti. La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza. E si pretende di asservire, di sfruttare. Si cerca di giustificare questi comportamenti perché sempre avvenuti nella storia. Rifiutando il progresso della civiltà umana». Per Mattarella «il rischio, concreto, è di abituarsi a questo orrore. Alle morti di civili, donne, bambini. Come sempre più spesso accade nelle guerre. Alla tragica contabilità dei soldati uccisi. Reciprocamente presentata; menandone vanto. Vite spezzate, famiglie distrutte. Una generazione perduta. E tutto questo accade vicino a noi. Nel cuore dell’Europa. Sulle rive del Mediterraneo».

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