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Appalti in Sicilia, la nuova riforma va modificata

Roma chiede variazioni o sarà impugnata, è corsa contro il tempo. Era stata approvata il mese scorso

Appena approvata, la riforma degli appalti va già modificata. Per evitare che il governo nazionale impugni le norme varate all’Ars il 12 ottobre scorso la Regione è stata costretta ad approvare in giunta in tutta fretta un nuovo disegno di legge che modifica cinque articoli di primo piano.

E ora scatta la corsa contro il tempo all’Ars per varare queste modifiche prima che Roma proceda con l’impugnativa, a metà dicembre. Anche se pure l’approvazione successiva risolverebbe il problema visto che farebbe cadere la materia del contendere davanti alla Consulta.

Nel mirino del ministero delle Infrastrutture sono finite soprattutto le norme che restringono i margini di manovra delle imprese in fase di gara, soprattutto sul tema dei subappalti e delle garanzie da prestare. E qui bisogna fare un passo indietro. Almeno fino a quando l’assessore Alessandro Aricò, a inizio legislatura, ha portato all’Ars un testo che riforma la gestione degli appalti partendo dal presupposto di recepire il nuovo codice varato a livello nazionale nella scorsa legislatura.

C’è voluto un anno perché l’Ars si decidesse a votare questa riforma. E le votazioni in aula sono state piuttosto combattute proprio sui punti oggetto adesso di una lettera di rilievi formulati dall’Ufficio legislativo del ministero delle Infrastrutture.

Il rilievo più importante si traduce in una contestazioni delle restrizioni introdotte a livello regionale alla possibilità di affidare in subappalto parte dei lavori. In sintesi, la riforma siciliana ha previsto l’obbligo a carico delle imprese che intendono partecipare a un bando di comunicare preventivamente per quali tipologie di lavori si avvarranno di subappaltatori. E c’è pure un secondo obbligo, quello che impone di comunicare preventivamente le caratteristiche delle aziende subappaltatrici individuate.

Per il ministero «questa norma si sostanzia in un aggravio per le imprese». Mentre le regole in vigore a livello nazionale «prevedono solo la facoltà, e non l’obbligo, in capo alle stazioni appaltanti (non dunque alle imprese) di indicare i subappaltatori». Nella lettera del ministero c’è un passaggio traducibile con la minaccia di impugnare questo passaggio chiave della legge siciliana: «La Corte Costituzionale ha affermato con una costante giurisprudenza che i profili relativi alla stipula e all’esecuzione dei contratti attengono allo Stato». Dunque la Sicilia non può introdurre deroghe alle norme nazionali.

La lettera del ministero è ispirata - lo si legge nel testo - alla salvaguardia del principio di massima concorrenza che il nuovo codice nazionale ha introdotto in tutta Italia. E dunque per lo stesso motivo il ministero chiede di cassare altre norme della riforma siciliana che «introducono una disparità di trattamento fra imprese». In primis quella sulle maggiori garanzie da presentare al momento della partecipazione al bando, in particolare per i servizi di ingegneria e architettura.

Altre norme siciliane finite nel mirino hanno natura più tecnica (è il caso di quelle sulle verifiche dei progetti). Ma il punto è che l’assessore Aricò da qualche settimana è impegnato a neutralizzare la minaccia di impugnative che paralizzerebbero il settore degli appalti o lo manderebbero nel caos per la vigenza di norme che potrebbero poi essere cassate dalla Consulta. Da qui la decisione di tornare all’Ars per modificare le riforma appena approvata tramite un disegno di legge che ha già avuto il vaglio della giunta: «In questo modo - commenta l’assessore - introduciamo la buona prassi di lavorare insieme al ministero per prevenire problemi ed evitare così di dover legiferare per risolvere emergenze».

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