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Territorio a rischio, Musumeci: «La priorità è la prevenzione»

Intervista con il ministro della Protezione civile e delle Politiche del Mare a un anno dal suo insediamento

Campi Bisenzio

Un anno da ministro. Uno slogan, una parola d’ordine, diventate linea strategica e operativa per Nello Musumeci (in basso nella foto di Ciro Fusco/Ansa) e per il governo Meloni: «Prevenire, più che ricostruire. Prevenire, anziché gestire sempre e solo le emergenze».

Ministro, guidare la Protezione civile in un Paese come l’Italia non è mai facile. Si può tracciare un primo bilancio?

«La decisione della premier Giorgia Meloni di affidarmi questa delega ha segnato il ritorno di una guida politica dopo vent’anni di gestione tecnica. Sono molto soddisfatto del lavoro svolto finora, insieme con i due Dipartimenti del Ministero, che si occupano delle emergenze e della ricostruzione. Stiamo cercando di ridare ordine a un settore dove regnava il caos per una polverizzazione di competenze che non ha certo facilitato processi ricostruttivi celeri ed efficienti. È mancata, nel passato, una pianificazione seria, perché non c’è stata la propensione verso la prevenzione. È un fatto antropologico. Quello italiano è un popolo che sembra voler rimuovere la memoria dei disastri, è un cambio culturale che non è facile realizzare nell’arco di un mandato».

Le alluvioni in Toscana (in alto Campi Bisenzio) hanno confermato la fragilità di tutti i territori del nostro Paese.

«Purtroppo non sono le prime e non saranno le ultime. I rischi naturali non si possono evitare, sia chiaro. Si possono, però, neutralizzare gli effetti devastanti e questo può avvenire solo con la cultura della prevenzione. Bisogna agire insieme con le Regioni e gli Enti locali ed è quello che stiamo facendo».

C’è chi vi accusa di aver messo poche risorse nella Legge di bilancio in favore della messa in sicurezza dei territori.

«Le risorse ci sono, basta pensare agli 800 milioni previsti nel Pnrr e a tutti gli altri finanziamenti contenuti nei Fondi Fsc. I soldi ci sono, vanno spesi bene, per obiettivi mirati. Mi rendo conto che a volte, per alimentare il consenso elettorale, certi amministratori preferiscano spendere le risorse per altre cose e non, ad esempio, per mettere in sicurezza l’alveo di un torrente. Il nostro impegno è duplice: sul piano operativo e su quello normativo. Da una parte ci sono gli interventi strutturali, la necessità di dotare i territori delle infrastrutture necessarie per fronteggiare i rischi: i bacini di laminazione, il consolidamento degli argini, la periodica pulitura degli alvei di fiumi e torrenti, la cura e manutenzione delle reti idriche. Dall’altro, il nostro Governo sta mettendo mano alla riforma del Codice della Protezione civile che, pur risalendo al 2018, ha diverse parti non più attuali».

Tra le critiche più severe, vi viene rinfacciata la scelta di stanziare poco meno di 12 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto.

«Sono critiche mosse da una sparuta minoranza. Il capitolo delle infrastrutture fa parte delle priorità di un Paese, come la messa in sicurezza dei territori. Il Ponte non è un capriccio, è un’infrastruttura strategica essenziale, in un momento in cui stanno radicalmente mutando le politiche euro-mediterranee. È un’opera che consente al Sud di acquisire quella dotazione infrastrutturale che consentirà di farne la naturale piattaforma logistica del Mediterraneo. È il Ponte dell’Europa, più che un ponte sullo Stretto».

Come riuscire a mettere in sicurezza territori che sono stati oggetto di speculazioni edilizie e devastazioni ambientali, come è avvenuto in tante parti della Sicilia, che lei conosce benissimo, essendo stato presidente della Regione?

«Non si può rimediare agli obbrobri del passato. Si può operare, però, una svolta culturale, che programmi un futuro diverso e in questo c’è bisogno della collaborazione di tutti, Governo, Regioni, Comuni, gli stessi cittadini. Noi stiamo elaborando un grande Piano di messa in sicurezza di tutte le aree a rischio, il mio compito di ministro, in particolare, è quello di mettere al primo posto delle priorità la prevenzione, assieme a una gestione efficiente delle emergenze e a procedure di ricostruzione più snelle ed efficaci. A questo proposito, voglio ricordare quello che la mia Giunta regionale ha fatto proprio per mettere in sicurezza parti del territorio messinese, che ricordiamo è tra i più fragili, come dimostrò la tragica alluvione del 2009. Abbiamo messo in sicurezza dopo decenni il torrente Bisconte-Catarratti, avviato opere imponenti sui litorali a sud e nord, pianificato azioni contro il dissesto idrogeologico e il rischio frane nel capoluogo dello Stretto e nei Comuni della provincia. Voglio ricordare anche la Sicilia era l’unica regionale che non aveva mai attivato l’Autorità di bacino, noi l’abbiamo fatto nel 2018».

Quando fu nominato ministro, dissero che le venivano date le deleghe meno importanti...

«La Protezione civile è uno dei settori più importanti in Italia. E anche il ministero del Mare, che abbiamo ideato e creato nell’arco di 15 giorni, per volontà di Giorgia Meloni, è stata una scelta fondamentale per istituire finalmente una cabina di regia, in grado di coordinare le competenze sul Mare di ben dieci Ministeri, di mettere attorno a un unico tavolo tutti gli attori delle tante filiere che vivono della risorsa Mare. Sono stato onorato per aver ricevuto questa delega e sono fiero del lavoro svolto in questi mesi. Sa quale è il mio vantaggio? Alla mia età, non ho più bisogno di cercare il consenso elettorale, voglio solo dare un senso al mio vissuto, la storia personale di un uomo che è stato nelle istituzioni e che è sempre rimasto indenne da qualsiasi “sospetto”, pur governando una terra difficile come la Sicilia».

Come sono i rapporti con il presidente Schifani e la sua Giunta?

«Sono buoni, improntati alla massima collaborazione. La formula di governo è la stessa. Una Giunta che s’insedia e condivide le stesse linee strategiche, agisce in continuità con quella precedente, cercando ovviamente di dare anche qualcosa di suo. Con Schifani c’è stima reciproca. E lui oggi ha la fortuna di dialogare con un Governo “amico”, un privilegio che io non ho avuto e, credetemi, non è stato facile amministrare una Regione quando a Roma ti mettevano i bastoni fra le ruote».

E le fibrillazioni interne al Governo Meloni?

«Non ricordo una seduta di Consiglio dei ministri dove ci sia stato un voto di astensione. Stiamo condividendo il percorso tutti insieme. C’è un dibattito interno, siamo quattro forze politiche, ognuna con la propria visione e sensibilità. Ma l’importante è fare sempre sintesi. L’alternativa a questo Governo? Solo il ricorso alle urne. Ma Giorgia Meloni sta guidando il Paese con grande determinazione, non vedo nuvole all’orizzonte».

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