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Cpr in Albania, c'è l'intesa per 39 mila migranti all'anno

La soluzione per alleggerire hotspot come quello di Lampedusa, per le opposizioni sa la «Guantanámo italiana»

Dalla primavera 2024, i migranti messi in salvo nel Mediterraneo dalle navi italiane saranno trasferiti in Albania. Punta a dissuadere le partenze e il traffico di esseri umani, nonché ad alleggerire hotspot come quello di Lampedusa, il protocollo di intesa siglato da Giorgia Meloni ed Edi Rama a Palazzo Chigi. È la concretizzazione di un accordo «sostanzialmente chiuso a Ferragosto, durante l’incontro che i due leader hanno tenuto in Albania e che è stato narrato come una semplice vacanza, ma altro che aperitivi...», spiegano fonti di Palazzo Chigi, sottolineando che è una svolta «storica non solo per l’Italia ma per tutta l’Unione europea». «Se l’Italia chiama l’Albania c’è», mette in chiaro Rama, ricordando che il suo Paese è in attesa di entrare nell’Ue, ma «è uno Stato europeo: ci manca la U davanti ma ciò non ci impedisce di essere e vedere il mondo come europei».

Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani questa novità «rafforza il nostro ruolo da protagonista in Europa», e da FdI parlano di «dottrina Meloni». «Il governo ha alzato bandiera bianca in Europa e trova rifugio in Albania», è invece la lettura di Azione, ed è critico anche il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni: «Ci mancava solo la delocalizzazione in Albania dei naufraghi salvati». «Si crea una sorta di Guantanámo italiana», prevede invece Riccardo Magi (+Europa).

Nella sua visita di fine aprile a Londra, la premier aveva spiegato di «condividere» la linea di Rishi Sunak, quando il premier inglese studiava l’ipotesi di mandare in Ruanda i richiedenti asilo in attesa delle verifiche. Un piano che ora coinvolge l’Austria e ha fatto capolino nel briefing mattutino della Commissione europea, quando la portavoce Anitta Hipper ha commentato: «Le leggi sull’asilo dell’Ue si applicano solo alle domande presentate sul territorio di uno Stato membro, ma non al di fuori di esso». Qualche ora dopo Meloni ha presentato una soluzione non molto dissimile da quella inglese, seppure in una cornice ben diversa, come hanno ammesso fonti italiane.

Secondo l’accordo, alla conoscenza dell’Ue che in attesa dei dettagli si raccomanda «sia nel pieno rispetto del diritto comunitario e internazionale», l’Italia userà il porto di Shengjin, all’altezza di Bari, e l’area di Gjader, 20 chilometri nell’entroterra, per realizzare entro primavera, a proprie spese, due strutture: una di ingresso, per le procedure di sbarco e identificazione; e una di accoglienza temporanea degli immigrati salvati in mare. «Non minori, donne in gravidanza e altri soggetti vulnerabili», ha precisato Meloni. Il protocollo non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani ma a quelli salvati nel Mediterraneo da navi italiane, come quelle di Marina e Gdf. Non quelle delle ong. “Nei due centri» i migranti staranno «il tempo necessario per le procedure. Una volta a regime, ci potrà essere un flusso annuale di 36-39 mila persone», ha spiegato Meloni, chiarendo che la giurisdizione dei centri sarà italiana, mentre l’Albania collaborerà con le sue forze di polizia per sicurezza e sorveglianza.

Almeno quattro gli incontri nell’ultimo anno fra Meloni e «l’amico» (come lo ha definito) Rama. Lo ha ricevuto a Palazzo Chigi a fine settembre e un mese fa, a Granada, con lui, Sunak e l’olandese Mark Rutte ha avuto un vertice su possibili iniziative operative, bilaterali e multilaterali, contro il traffico di esseri umani. Con l’Albania è nato «un accordo di respiro europeo», ha detto la premier, ribadendo il sostegno a Tirana e ai Balcani occidentali per l’ingresso nell’Ue, «o meglio la riunificazione». «Questo accordo non sarebbe stato possibile con nessun altro Stato Ue», ha chiarito Rama, scegliendo di parlare in italiano e ricordando il «debito impagabile» del suo popolo verso l’Italia: «Non sta a noi giudicare il merito politico di decisioni qui e in altre istituzioni, a noi sta rispondere "Presente" quando si tratta di dare una mano». La firma dell’accordo, annunciata solo a ridosso, è avvenuta alla presenza dell’ambasciatore italiano a Tirana Fabrizio Bucci, uno dei nomi che circola per il posto di consigliere diplomatico della premier dopo le dimissioni di Francesco Talò, seduto in prima fila, fra gli altri, come Alessandro Cattaneo, da fine agosto consigliere diplomatico aggiunto.

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