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Superbonus, ipotesi di proroga a chi ha portato a termine almeno il 60 per cento dei lavori

Pressing per un provvedimento in favore dei condomini. Scontro Conte-governo. L'associazione costruttori: 95 mila interventi in difficoltà

Non c’è pace per il superbonus. Sul tavolo del governo c’è un corposo dossier. Fatto di numeri preoccupanti per i conti pubblici. Ma anche di un pressing che si intensifica per tutelare i tanti condomini che non riusciranno a completare i lavori entro l’anno. Uno scenario che si intreccia con il lavoro in corso sulla manovra, già reso difficile dal sentiero stretto delle risorse e con la spada di Damocle del negoziato sul nuovo Patto di stabilità. Il tutto condito dalla polemica politica, con lo scontro ormai aperto tra l’esecutivo che ha da un pò ha messo nel mirino la misura bandiera del M5s e il leader del Movimento Giuseppe Conte che evidenzia le contraddizioni della maggioranza («Fdi e Lega nel 2022 chiedevano la proroga») e avverte il governo: basta «slogan» e «propaganda».

A dare l’idea del «fardello» del superbonus con cui il governo si trova a fare i conti sono i numeri. «Nei cassetti dell’Agenzia delle Entrate ci sono ad oggi 142 miliardi di crediti ceduti, non tutti utilizzati. Di questi, 12 sono frodi. Ne rimangono 130: ad oggi ne sono stati portati in compensazione 21. Ne rimangono 109 da portare in compensazione. Questi 109 aumentano di 3,5 miliardi al mese», fa il punto il sottosegretario all’economia Federico Freni.

«Erano previsti 36 miliardi di spesa e considerando il complesso dei bonus edilizi introdotti dal governo Conte due siamo a oltre 140 miliardi, senza contare le molte irregolarità che sono state trovate», rincara la dose il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari (FdI). A preoccupare è soprattutto l’impatto che questo macigno rischia di avere sui conti pubblici. Con «un conto da pagare di 109 miliardi», «la cassa si è aggravata moltissimo, e anche il deficit», avverte il sottosegretario leghista.

Ma a preoccupare sono anche altri numeri. A fronte di 30 miliardi di crediti fiscali incagliati (stima fornita dal governo in sede parlamentare), l’Ance stima un numero di interventi in difficoltà per via del blocco delle cessioni pari a quasi 95 mila (57.000 unifamiliari e 38.000 condomini), con il coinvolgimento di - e sono stime prudenziali - 320 mila nuclei famigliari (per 752 mila persone) e 33 mila imprese di costruzioni in tutta Italia. Numeri che tengono in considerazione il fatto che i condomini stanno aumentando la loro incidenza sul complesso degli interventi, spiega l’Ance.

E proprio il problema dei condomini è ora l’oggetto di un pressing per prorogare la scadenza di fine anno per quelli che possono ancora usufruire dell’incentivo pieno. Tra le richieste per modificare la norma arrivate sul tavolo del Mef c’è l’ipotesi è di prorogare il 110% oltre il 2023 per chi ha uno stato di avanzamento almeno al 60% o con una percentuale comunque avanzata. La proroga potrebbe essere inizialmente per un trimestre. Mentre per le villette non sarebbe allo studio altri slittamenti, oltre a quello al 31 dicembre previsto dal dl Asset.

A determinare la portata della modifica saranno comunque i margini di bilancio che saranno chiari una volta messa la Nadef a fine mese. A quei numeri si guarda per capire quello che si potrà fare con la prossima manovra di bilancio. E nell’attesa di capire l’esito del negoziato sul nuovo Patto di Stabilità, il Mef lavora a «non modificare nessuno dei parametri europei». La manovra intanto parte da una certezza: la «coperta è corta e va utilizzata bene» e quindi una manovra improntata alla «prudenza», spiega Freni, che assicura «un’attenzione particolare alla sanità». Tema su cui tengono alto il pressing le opposizioni. Con Calenda che promette battaglia sul tema. Ma la temperatura del dibattito politico si scalda anche sul superbonus, con diversi esponenti di minoranza che temono che il «buco nero» dell’incentivo diventi un alibi per non fare nulla.

A preoccupare è anche il nodo delle pensioni. Su cui tornano a farsi sentire anche i sindacati che, alla vigilia del tavolo con cui riparte il confronto su lavori gravosi e donne, avvertono l’esecutivo. «Non sono né un lusso né una regalia», dice Sbarra della Cisl. «Noi abbiamo fatto richieste precise», aggiunge Bombardieri della Uil, ma «finora nessun risultato».

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