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Dopo lo strappo di Caterina Chinnici nel Pd scatta l’ora dei veleni

Caterina Chinnici con Letta e Barbagallo durante la campagna elettorale per le Regionali

Caterina Chinnici ha lasciato il Pd per approdare in Forza Italia incendiando i pozzi. L’ex candidata alla presidenza della Regione e attuale eurodeputata ha bocciato la linea della nuova segretaria, Elly Schlein, («Troppo distante da me»). E poi ha replicato a quanti l’hanno accusata di disimpegno alle elezioni di sette mesi fa contro Schifani: «Sono io a non aver avuto il supporto di tutto il Pd».

Parole che hanno portato il livello di tensione nel Pd oltre la soglia di allerta. Il segretario Anthony Barbagallo si è detto «disgustato» dalla scelta della Chinnici, che «non è in linea con il prestigio e la storia della sua famiglia». Un riferimento, quello al padre Rocco, magistrato ucciso da Cosa Nostra nel 1983, che nel partito hanno fatto in tanti criticando Caterina Chinnici per «essere passata alla Forza Italia di Dell’Utri e D’Alì, finiti in carcere per mafia».

Per il presidente dell’Antimafia regionale, Antonello Cracolici, «la Chinnici dovrà interrogarsi rispetto alla sua storia e alla sua coerenza». Il rancore per il tradimento è tanto anche in Cracolici: «Andrebbe detto con onestà che, candidandola, abbiamo sopravvalutato la sua capacità di interpretare la speranza agli occhi degli elettori». Per Cracolici «è stata la Chinnici a non aver sostenuto il Pd e il centrosinistra alle Regionali, mostrando evidente inadeguatezza».

Il fronte antimafia è quello più imbarazzato nel Pd. Domani (30 aprile) sarà a Palermo la segretaria nazionale Elly Schlein e, filtra dagli uomini a lei più vicini, verrà resa evidente la linea d’attacco ai boss del partito rispetto agli alleati scelti dalla Chinnici. Non a caso la Schlein arriverà a Palermo per commemorare Pio La Torre, anch’egli ucciso dalla mafia. E, viene annunciato, i riferimenti alle mosse della Chinnici rispetto a quelle di La Torre, seppure non espliciti, saranno evidenti.
Dal fronte antimafia una mano tesa alla Chinnici è arrivata ieri da Rita Dalla Chiesa, anche lei figlia di un uomo dello Stato ucciso dai boss e anche lei in Forza Italia: «La presenza di Caterina non potrà che rendere più incisiva la lotta alla mafia di Forza Italia. Lei e io abbiamo vissuto lo stesso dolore. Non dimentico l'aiuto psicologico che diede suo padre ai miei fratelli e a me quando venne ucciso il mio».

In Forza Italia, accolta da Antonio Tajani, sono pronti a dare alla Chinnici una candidatura bis e un paracadute (un ruolo istituzionale) in caso di mancata rielezione a Bruxelles. Va detto anche che l’addio di Chinnici al Pd apre una resa dei conti interna sul ruolo dei moderati dopo la svolta a sinistra della Schlein. E in Sicilia apre un nuovo capitolo dell’attacco alla segreteria di Barbagallo. Ieri accusato dagli storici oppositori interni di aver puntato sulla Chinnici a settembre per la presidenza della Regione: «Fui buttato fuori dalla segreteria regionale per aver criticato le alleanze scelte da Barbagallo e la candidatura della Chinnici. Avevo detto che ci avrebbero fatto perdere. L’addio della Chinnici è il naturale epilogo di queste pessime scelte», ha detto Antonio Rubino, insieme a Fausto Raciti, vertice della corrente orfiniana. Mentre Concetta Raia, sinistra Pd, ricorda «la campagna elettorale senza patos, senza anima, senza un attacco vero al governo uscente. Mi vien da pensare che la signora Chinnici ci pensava già da un po’ a lasciare il partito. Nel contempo si consumava l’esclusione dalle liste di gente perbene, dirigenti seri nonché fondatori di questo Pd. E la colpa di tutto ciò è di Barbagallo, che dovrebbe dimettersi».

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