L’emendamento è pronto e il governo lo tiene in tasca per tirarlo fuori come un jolly da calare sul tavolo al momento opportuno. Prevede il via libera (meglio, il finanziamento) degli aumenti di stipendio per i sindaci siciliani. Sarà questa la mossa a sorpresa della Finanziaria che comincia oggi - 7 febbraio - il suo percorso all’Ars. Nei giorni scorsi il neo presidente dell’Anci, Paolo Amenta, aveva polemizzato col governo sostenendo che nella Finanziaria erano state introdotte una valanga di misure dal sapore clientelare e mancava invece quella che avrebbe permesso anche ai sindaci siciliani di usufruire di aumenti deliberati dallo Stato per i colleghi di tutte le altre regioni già da due anni. L’appello dell’Anci è stato raccolto dai deputati e dal governo malgrado non ci sia ancora alcun annuncio. Il presidente della commissione Bilancio, Dario Letterio Daidone, ieri si è sbilanciato: «Sono certo che per quanto riguarda gli stipendi dei sindaci ci sarà un intervento del governo durante le votazioni». E ieri l’assessore agli Enti Locali, Andrea Messina, ha confermato che «stiamo definendo la copertura finanziaria degli aumenti. Penso di poter anticipare che almeno la metà della somma necessaria sarà messa dalla Regione». Il non detto è che per coprire l’altra metà i sindaci hanno due strade: trovare i fondi nel loro bilancio o accettare un aumento pari solo al 50% di quello concesso a livello nazionale. Per avere la misura della posta in palio occorre fare un passo indietro. L’aumento concesso dallo Stato è significativo perché allinea lo stipendio dei sindaci delle città maggiori a quello del presidente della Regione (13.800 euro) e parametra tutti gli altri a quest’ultimo concedendo percentuali di aumenti decrescenti via via che diminuisce la popolazione del Comune. Dunque per effetto delle nuove norme i sindaci di Palermo, Messina e Catania passeranno dagli attuali stipendi - che oscillano fra i 5 mila e i 7.018 euro - a 13.800. I primi cittadini degli altri 6 Comuni capoluogo che oggi incassano (a seconda del numero dei cittadini residenti) da un minimo di 3.717 a un massimo di 5.205 euro al mese saliranno fino a 9.660 o 11.040 euro, cioè il 70 o l’80 per cento del compenso del presidente della Regione. Gli aumenti saranno significativi anche per i sindaci dei piccolissimi Comuni. Gli ultimi della lista, quelli che guidano centri con massimo 3 mila abitanti passeranno da 1.301 euro a 2.208: il 16% di quanto guadagna il presidente della Regione. La maggior parte dei sindaci siciliani si trova in tre fasce divise per abitanti. I 78 che oggi incassano 1.952 euro per guidare centri fra i 3 mila e i 5 mila abitanti passeranno a 3.036 euro al mese. I 79 sindaci che guidano Comuni con minimo 5 mila e massimo 10 mila abitanti passeranno da 2.509 a 4.002 euro al mese. I 77 primi cittadini di centri con popolazione fra 10 mila e 30 mila abitanti passeranno da 2.788 euro a 4.140. Il tutto costa 905.103 euro al mese, cioè 10.861.246 euro all’anno. E qui si arriva all’emendamento che il governo tirerà fuori fra domani e giovedì notte. Con un decreto di qualche mese fa la Regione ha autorizzato i sindaci ad aumentarsi gli stipendi applicando queste tabelle ma ha precisato che la copertura doveva essere trovata nei bilanci comunali: dunque tagliando spese e servizi pubblici. E quasi nessuno lo ha fatto. Ora l’assessore Messina si dice certo che la metà del budget lo metterà la Regione. Per il resto dovranno decidere i sindaci. La norma arriverà in aula all’ultimo momento utile. Nel frattempo però per arrivare al traguardo dell’approvazione della Finanziaria il governo dovrà scollinare una montagna di 700 emendamenti. Ben 500 sono quelli che puntano semplicemente a sopprimere articoli o parti di articoli. E normalmente sono armi in mano all’opposizione per mettere in campo l’ostruzionismo. Ma ci sono anche 200 emendamenti che introducono misure del tutto nuove e per le quali difficilmente ci sarà copertura. Ciò significa che malgrado il patto fra governo e opposizione stipulato in commissione Bilancio - quello che ha portato all’approvazione di 127 emendamenti che costano 47 milioni - c’è ancora una trattativa politica da avviare per evitare agguati d’aula. Si inizierà stamani con il voto sul bilancio, la cui approvazione è prevista in serata. Da domani scatta la votazione della Finanziaria.