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Sindacati contro la manovra, ma sullo sciopero generale sono divisi

Una manifestazione CGIL, CISL e UIL, foto d'archivio

Arriva lo sciopero generale contro la manovra e la riforma che taglia Irpef e Irap, ma i sindacati sono spaccati sulla scelta. Dopo le avvisaglie emerse al termine dell’incontro con Daniele Franco e la sfida più o meno velata lanciata in seguito al faccia a faccia con Mario Draghi la scorsa settimana, Cgil e Uil hanno confermato il loro giudizio negativo e proclamato per il 16 dicembre un fermo di otto ore con manifestazione nazionale a Roma. La Cisl invece riunirà la segreteria domani: il segretario Luigi Sbarra aveva però già dichiarato di non vedere ragioni per una mobilitazione. Palazzo Chigi, sorpreso per la reazione sindacale, riaffermando che la legge di bilancio «è espansiva e sostiene con i fatti lavoratori, pensionati e famiglia», è intenzionato ad avviare una trattativa per trovare una soluzione che scongiuri lo sciopero. Tant’è - si apprende in ambienti di governo - che sono già previsti nuovi incontri nei prossimi giorni con le forze sindacali. «Non è vero che questa manovra dà meno a chi ha meno. I numeri dicono altro - si ragiona sempre in ambienti dell’Esecutivo - questa è una manovra espansiva che accompagna fuori da questa drammatica emergenza fronteggiando le molte situazioni di disagio e di potenziale impoverimento».

Sette anni fa l'ultimo sciopero generale

Ma per i segretari generali Maurizio Landini e Pier Paolo Bombardieri le scelte sono «insoddisfacenti», in particolare le scelte su fisco, pensioni, scuola, politiche industriali, che alla luce delle risorse disponibili avrebbero dovuto essere più incisive, per ridistribuire davvero la ricchezza. L’iniziativa, dirompente, arriva sette anni dopo l’ultimo sciopero generale proclamato dalle stesse due sigle il 12 dicembre del 2012 contro il Jobs act firmato Matteo Renzi. Allora i segretari generali erano Susanna Camusso alla guida della Cgil e l’appena eletto Carmelo Barbagallo alla guida della Uil. Ora la protesta è affidata a Landini e Bombardieri, contrari soprattutto a come vengono distribuiti gli 8 miliardi per il taglio delle tasse.

La partita sul fisco resta aperta

Oltre che sul fronte sindacale, la partita sul fisco non sembra peraltro chiusa nemmeno su quello parlamentare. Il Senato è pronto a ricominciare e i partiti, impegnati a far calare gli emendamenti alla manovra dagli oltre 6000 depositati ai 690 segnalati, approfittano del processo di sfoltimento per rilanciare le loro battaglie. Forza Italia torna a chiedere l’abolizione dell’Irap per le persone fisiche e le società di persone, e il Movimento 5 Stelle rilancia su una ‘easy tax’ come scivolo in uscita dalla flat tax di autonomi e partite Iva, oltre al cashback fiscale, ovvero i rimborsi automatici su conto corrente delle detrazioni di alcune spese come quelle sanitarie, e alla rottamazione quater. E se la Lega caldeggia l’innalzamento della flat tax sugli autonomi, per la sottosegretaria all’Economia, Maria Cecilia Guerra, sarebbe invece «inconcepibile» portare la soglia di fatturato a 100.000 euro, perché «aumenterebbe ancora in modo molto significativo la distanza di tassazione a parità di reddito». Guerra dà la misura dello scontro in vista: «Ci sarà un confronto molto aspro nella maggioranza», sottolinea. Intanto, l’emendamento del governo sul taglio delle tasse è atteso a breve in Senato, forse già domani, dove verranno fissati i termini per i sub-emendamenti.

I partiti puntano a ritoccare l'accordo

Sebbene i partiti di maggioranza sostengano largamente l’accordo raggiunto la scorsa settimana, provano comunque a far passare dei ritocchi. Forza Italia ad esempio, oltre a tornare sull’abolizione dell’Irap, che costerebbe tre miliardi di euro, in un altro dei circa 170 emendamenti alla manovra indicati come ’segnalatì chiede un’aliquota Irpef al 15% per i redditi fra i 12mila e i 15mila. Il M5S propone la easy tax, per rendere più dolce l’uscita dalla flat tax di autonomi e partite iva che dichiarano più di 65mila euro. Sul tavolo resta inoltre il tema del caro-bollette con il deputato di LeU Stefano Fassina che arriva a proporre «uno scostamento di bilancio ad hoc da fare al più presto». Infine continua a far discutere l’Iva sul terzo settore: il governo sarebbe pronto ad intervenire per ’correggerè il decreto fiscale.

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