A Roma qualcosa si muove, ma ciò che il governo nazionale sta ipotizzando per aiutare i Comuni siciliani è lontanissimo da quanto richiesto dai sindaci. Di fronte a 250 amministrazioni su 391 che non riescono ad approvare i bilanci mentre tutte le altre sono già in dissesto o predissesto l’ipotesi è quella di autorizzare solo in minima parte l’utilizzo delle risorse prudentemente accantonate per far fronte a buchi dovuti a mancati introiti dei crediti. I primi cittadini siciliani si riuniranno oggi a mezzogiorno. L’assemblea dell’Anci è chiamata a valutare come proseguire l’azione di protesta di fronte alle scarse risposte arrivate da Roma dopo la manifestazione sotto Palazzo Chigi. Sul tavolo oggi c’è la minaccia di rassegnare in massa le dimissioni.
Pressing trasversale su Roma
Ma le ore che precedono la riunione di stamani sono state e saranno cariche di trattative dietro le quinte. Nella Capitale è in atto la mediazione trasversale di vari deputati siciliani del Pd (Carmelo Miceli, Pietro Navarra, Fausto Raciti e Santi Cappellani) e del sottosegretario grillino Giancarlo Cancelleri. Da Palermo inoltre l’assessore regionale agli Enti Locali, il forzista Marco Zambuto, ha provato ad andare in pressing sul ministero dell’Economia tramite i ministri azzurri. Il risultato di questo pressing è al momento uno solo: Roma potrebbe aprire alla possibilità che ogni sindaco utilizzi una parte del Fondo crediti di dubbia esigibilità per turare qualche falla di bilancio.
Le trattative dietro le quinte
Materia delicatissima. Che in un primo momento la scorsa settimana era stata bocciata del tutto dal ministero dell’Economia. Ma di fronte all’impossibilità di offrire risorse nuove e maggiori ai sindaci, una breccia si è aperta sulla proposta di utilizzare le risorse che ogni primo cittadino accantona per prudenza. I deputati del Pd lo hanno rivelato ricorrendo al politichese: «Il governo può e deve accogliere il grido di dolore lanciato in queste ore dai Comuni. La crisi va affrontata con due diverse tipologie di interventi. Uno immediato, da inserire nella legge di Bilancio: una contrazione pluriennale, quantomeno progressiva, delle percentuali di accantonamento del fondo crediti di dubbia esigibilità». Tradotto: se i sindaci chiedono di poter trarre da questo fondo il 50% della disponibilità, lo Stato potrebbe autorizzare almeno uno sfruttamento del 20% quest’anno e del 10% l’anno prossimo.
All’assemblea senza risposte
È una ipotesi di lavoro di cui ieri era al corrente anche Zambuto, che ha da subito sposato la protesta dei sindaci: «Attendiamo da un momento all’altro notizie da Roma. Ma è certo che qualcosa si sta muovendo». Il punto è che i tempi sono stretti. Carmelo Miceli si dice certo che un segnale arriverà fin dal primo passaggio della legge di Stabilità al Senato. Cancelleri spera anche prima. Ma di sicuro non è oggi che Roma scioglierà la riserva. L’altra proposta dei sindaci siciliani - quella che prevedeva di erogare un miliardo in 3 anni per coprire i buchi di bilancio - non può essere accolta perché il governo nazionale non ha queste risorse. Sul tavolo il ministero dell’Economia è disposto a mettere non più di 50 milioni per quest’anno. Questa la soglia individuata in questa fase. Inaccettabile per l’Anci.
Il bivio dei sindaci
Dunque cosa faranno i sindaci oggi? Accoglieranno i timidi segnali in arrivo da Roma o alzeranno il livello della protesta? Paolo Amenta, vicepresidente dell’Anci, legge così la giornata: «Anche se non ci dimettessimo cambierebbe poco. Perché i bilanci non riusciremo ad approvarli quest’anno e dunque dovremmo essere commissariati, visto che il termine è scaduto a settembre». Uno scenario che la Regione non riuscirebbe a sostenere, Zambuto lo ha già anticipato.
I nuovi debiti con le banche
Ma ciò che emerge in queste ore è che da mesi i sindaci si stanno ulteriormente indebitando: «Per garantire i servizi, almeno quelli essenziali, anche in assenza del bilancio - spiega Amenta - tutti stanno ricorrendo a scoperture di tesoreria. Una mossa che equivale a farsi prestare soldi dalle banche. Somme da restituire poi in tempi brevi con gli interessi. Ciò aumenta la crisi finanziaria dei Comuni».