
Otto miliardi al taglio delle tasse e un intervento sulle pensioni che traghetti l’uscita da Quota 100, evitando però la creazione di nuovi scaloni pensionistici. Ecco i punti fermi del governo, mentre si finisce di scrivere la legge di bilancio. In concreto, vuol dire che non sarà accolta la richiesta - della Lega, ma non solo - di aumentare i fondi per il taglio del cuneo fiscale. E chi in queste ore lavora alla manovra tende a escludere anche si possa adottare la proposta di Matteo Salvini di applicare per due anni Quota 102, la possibilità di andare in pensione con 64 anni di età e 38 di contributi: il terzo anno, viene spiegato, per gli esclusi scatterebbe un effetto «scalone», che è proprio quello che si vuole scongiurare.
A complicare il lavoro del governo arriva oggi anche la grana Mps, perché la trattativa con Unicredit è appesa a un filo. Le fonti ufficiali tacciono, ma secondo alcune fonti governative se l’operazione dovesse saltare potrebbe essere necessario prendere tempo e provare ad ottenere da Bce e Ue una proroga, ad esempio di sei mesi, per la cessione, consapevoli altrimenti della necessità di una ricapitalizzazione da 4 o 5 miliardi per tenere in piedi la banca.
Sullo spinoso tema Mps, che ha tenuto banco in campagna elettorale, sia il M5s che alcuni deputati della Lega esultano per il possibile stop alla trattativa: «Ora si proroghino i negoziati», chiedono i pentastellati. Salvini, che aveva sollevato dubbi sull’operazione con Unicredit, per ora tace e concentra le sue attenzioni sulla legge di bilancio: teme di non veder accolte le sue richieste sulle pensioni e gioca al rilancio. «Chiederemo al governo che gli 8 miliardi di taglio di tasse diventino anche di più», dichiara. «Non si può intervenire a gamba tesa», lamenta, di fronte alla sonora bocciatura di Quota 102 che arriva dai sindacati. Poi fa sapere di aver scritto un sms a Draghi, dal bunker di Palermo dove si svolge il processo per Open Arms, per ottenere rassicurazioni sulle pensioni.
L’attivismo di Salvini dà la misura della tensione con cui i partiti si preparano alla settimana decisiva per la legge di bilancio. Al ministero dell’Economia e a Palazzo Chigi il lavoro tecnico procede su tutti i nodi aperti. Un incontro con i sindacati e una cabina di regia dovrebbero tenersi a inizio settimana. Ad ora l’obiettivo sarebbe poi portare la manovra in Consiglio dei ministri martedì, ma non sono affatto esclusi slittamenti a mercoledì o giovedì, in una settimana che per il premier Mario Draghi è densa di impegni, include una visita istituzionale a Bari e probabilmente una cabina di regia sul Recovery plan, sul tema infrastrutture, e culmina con il G20 di Roma.
Sulle pensioni starà a Draghi e Franco trovare una mediazione, ma ad ora l’ipotesi su cui si lavora (anche con un possibile aumento di fondi fino a un miliardo) sarebbe quella di un’uscita graduale da Quota 100 con Quota 102 nel 2022, Quota 103 nel 2023 e Quota 104 nel 2024. In più si dovrebbe intervenire a sostegno di donne e lavori gravosi, come chiede il centrosinistra. Mentre la Lega propone anche di estendere il contratto di espansione alle aziende tra 50 e 100 dipendenti e di introdurre uno scivolo di un anno per la pensione dei lavoratori delle aziende sotto i 15 dipendenti. In queste ore si stanno valutando i costi di ciascun intervento, incluso quello - che sarebbe molto alto - per estendere il Superbonus e reintrodurre il bonus facciate (non più al 90% ma al 70%), come chiede il Pd. Sembra destinato a non essere rinnovato il cashback di Conte, ma il leader M5s annuncia battaglia e poiché la misura è già finanziata per il primo semestre 2022, non è escluso che venga confermata solo per quei sei mesi. Infine, c’è il grande tema del taglio delle tasse, perché Draghi e Franco sarebbero dell’idea di destinare gran parte degli 8 miliardi a disposizione per tagliare il cuneo ai lavoratori (con i contributi o ampliando il bonus Irpef), mentre il centrodestra e gli industriali insistono per agire anche lato imprese e tagliare - se non abolire - l’Irap. Se non si troverà una quadra, è probabile che la scelta venga rinviata all’iter di conversione della manovra: il governo potrebbe presentare un emendamento, dopo aver chiuso un ampio confronto.
3 Commenti
Nino
23/10/2021 22:18
Mps è la banca che la sinistra ha gestito per molti decenni a proprio uso e consumo e che ha svuotato portandola sull'orlo del fallimento. Se non intervenivano i vari governi con corposi finanziamenti pubblici la banca più antica d'Italia era finita. Gli amici del popolo coloro che predicano giustizia uguaglianza sociale potere operaio hanno gestito e usato miliardi di euro a loro uso e consumo alla faccia del mondo di quei tanti lavoratori che non arrivano a fine mese.
spreco
24/10/2021 09:43
troppi sportelli e stipendi elevati. RIDURRE E' IL SEGRETO.
honhil
25/10/2021 19:19
Ezio Mauro, ieri, in una delle sue tante idilliache galoppate sul riformismo, e più precisamente su quella che lui definisce “L'occasione del riformismo”, evidentemente, barava sapendo di barare. Poiché, se la sua sinistra è riuscita ad arraffare al primo turno Milano, Napoli e Bologna e, poi al ballottaggio, Roma e Torino, lo deve semplicemente a chi non deserta mai le cabine elettorali, per l’edeologico abito mentale che lì lo trascina. E a nient’altro. Come per il passato, è questo il suo riformismo. Altrimenti non si spiegherebbe la débâcle del M5s. Insomma, è l’effetto del flusso e riflusso tra PD e M5s. Con il primo che ha portato linfa al M5s e che adesso la riceve di ritorno. - Perché invece non ci ragguaglia, lui che conosce i nomi o che facilmente potrebbe conoscere, sui presiti non esigibili che hanno strozzando il MPS e che il Pd, con la sua solita sinistra nonchalance, pensava di poter scaricare sul conto economico dell’Unicredit. Come per lustri e lustri, attraverso il Tesoro, ha scaricato camionate di miliardi sulle spalle degli italiani. Ma, ovviamente, di queste rapine a mano ideologicamente armata, Ezio Mauro e ‘la Repubblica’ non ne parleranno mai.