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Archeologia, i docenti universitari attaccano la Regione Siciliana

Dure le contestazioni in un documento: «Non ci sono professionisti del settore alla guida dei Parchi al contrario di quanto accade nel resto d'Italia. Sono lunghissimi i tempi di risposta all’utenza. Solo l’8% la percentuale di fondi europei spesi dall’assessorato Beni culturali».

La Valle dei Templi, uno dei tesori archeologici della Sicilia

La Regione Siciliana spende poco dai fondi europei per i beni culturali, «non offre alcuna chance ai giovani archeologi» e, con uno dei patrimoni archeologici più ricchi d’Italia, mette ai margini chi di archeologia si occupa per mestiere». Lo afferma il documento delle Consulte universitarie di Archeologia, che raccoglie la quasi totalità dei docenti italiani della materia e ha accusato la giunta Musumeci di aver messo mano a una «rimodulazione» del sistema dei Beni culturali che farà prevalere la burocrazia sulle competenze scientifiche.

«Nella regione con uno dei patrimoni archeologici più ricchi e complessi del Paese - afferma il documento - sono archeologi soltanto 4 su 14 direttori di Parchi archeologici; solo una sezione archeologica di soprintendenza ha un responsabile archeologo; neanche uno dei soprintendenti siciliani è archeologo. Stupisce poi l’affermazione del presidente della Regione, secondo cui gli archeologi non debbano dirigere i Parchi archeologici, diversamente da quanto accade nel resto d’Italia».

«Il sistema, per come si è configurato attualmente - proseguono i docenti universitari - non sembra brilli per efficienza: lunghissimi i tempi di risposta all’utenza, solo l’8% la percentuale di fondi europei spesi dall’Assessorato Beni culturali».

La Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia chiede che con l’Assessorato Regionale Beni Culturali renda omogenea la propria struttura a quella del corrispondente Ministero «affidando ai funzionari archeologi, già in servizio nell’amministrazione, la responsabilità delle sezioni tecnico-scientifiche». Così si «riporta alla legittimità e alla legalità gli organi di tutela e di valorizzazione, nell’ambito di un piano realmente finalizzato alla riduzione delle postazioni dirigenziali , a un vero risparmio di spesa e a ridare efficienza al sistema. Soltanto una vera riorganizzazione fondata sulla valorizzazione delle competenze e su una effettiva razionalizzazione può, inoltre, aprire le porte all’immissione nei ruoli dell’Assessorato regionale di giovani professionisti dei beni culturali, ai quali oggi non viene offerta nessuna chance nell’isola».

«Si chiede, infine che fine abbia fatto il Consiglio regionale dei Beni Culturali, organismo tecnico-scientifico prezioso per indirizzare le scelte dell’Assessorato». «Ci rivolgiamo dunque al presidente della Regione e all’assessore per i Beni culturali - conclude la nota - perché vogliano invertire la rotta, bloccando in primo luogo la “rimodulazione” e procedendo a una vera e razionale riorganizzazione, per fermare la crisi, al contrario, rilanciando il “modello siciliano” di tutela e valorizzazione dei beni culturali, contribuendo ad arginare l’emorragia dall’isola di giovani con alta formazione e ancora ricchi di energie da mettere a disposizione del patrimonio culturale siciliano».

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