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Draghi allarga la maggioranza e va oltre la formula "Ursula". Resta il nodo del governo tecnico o politico

Mario Draghi

Mario Draghi allarga il perimetro della maggioranza e va oltre il formula "Ursula": assicura lealtà il M5s e ci sta, senza porre «veti e condizioni», anche la Lega. La dote del Recovery plan, con oltre 200 miliardi da gestire, è troppo ghiotta per restarne fuori. Ma se e come includere il partito di Matteo Salvini non è una carta facile da giocare. I vertici del Pd ribadiscono il proprio appoggio ma sedere accanto all’avversario di sempre fa emergere qualche nervosismo nel partito. Che va sommato allo scetticismo di LeU e alle divisioni che attraversano i 5s.

Tutti ora guardano a Draghi e alla sintesi di cui si dovrà fare carico. Ma Draghi avrà anche un altro nodo da sciogliere: governo tecnico o politico?

Terminato il primo giro di consultazioni, lunedì e martedì il premier incaricato si appresta a farne un secondo: lo schema è identico, prima le forze più piccole, poi i partiti più grandi ma i tempi sono meno dilatati. E partirà anche il dialogo con le parti sociali. Squadra e programma sono tutti da comporre.

Draghi ha chiesto «fiducia» ai propri interlocutori, che ora attendono che scopra le carte. Si tratta di capire se l'esecutivo avrà una prevalenza di tecnici, se saranno di area e dunque legati ai partiti, o se entreranno direttamente esponenti delle varie forze politiche. E se il programma avrà un respiro ampio, di legislatura o un orizzonte più ristretto con pochi punti all’ordine del giorno.

Grillo, che è sceso a Roma e ha partecipato alle consultazioni per blindare il Movimento, traccia intanto alcune linee. Ambiente e giovani sono i due capisaldi per il fondatore dei 5s, che davanti ai suoi nel corso del vertice alla Camera, invoca addirittura Radio Londra come segno della «resistenza». Dura un’ora il colloquio con il premier incaricato e quando il capo politico Vito Crimi esce la virata verso il sì è chiara: «Abbiamo ribadito il concetto che quando e se si formerà un nuovo governo noi ci saremo sempre con lealtà». I cinquestelle rivendicano la misura bandiera del reddito di cittadinanza, che sono pronti a difendere a spada tratta. Hanno già chiesto un governo politico e una maggioranza solida, ora sottolineano la necessità di una visione «solidale, ambientalista, europeista». Grillo che per ragioni di protocollo non parla davanti alle telecamere al termine dell’incontro con Draghi pubblica un post su Fb. Cita Platone e lascia a chi legge la scelta della chiave interpretativa: «Voler accontentare tutti è una via per l'insuccesso», scrive. C'è chi legge queste parole come un messaggio interno, un invito a non rimanere ostaggio delle posizioni anti Draghi. Come quella di Di Battista, che resta contrario e che potrebbe trascinare con sé qualche senatore. Ma c'è anche chi tra le forze politiche pensa sia un avviso contro un governo di tutti, che includa anche la Lega. Con cui pure il Movimento ha governato, con Conte presidente del Consiglio. Che oggi ha preso parte al vertice pentastellato, scegliendo però la linea del riserbo: «non guardiamo ai destini personali - dice ai cronisti - guardiamo al bene del Paese».

Dopo l’apertura di Forza Italia, arriva dunque anche quella ufficiale di Matteo Salvini. Il leader leghista lo dice chiaramente: ha parlato con tanti imprenditori ma anche con i suoi al partito, e tutti gli hanno chiesto di non restare sugli spalti mentre si gioca la partita del Recovery plan. L’obiettivo è ridisegnare le infrastrutture materiali e immateriali del Paese e i governatori della Lega non vogliono rimanere esclusi. Sostiene Salvini di avere con Draghi un’idea «comune» di Italia e smorza anche le posizioni più antieuropeiste: «Noi siamo in Europa e vogliamo far parte di un governo che difenda a Bruxelles a testa alta anche gli interessi dell’Italia», dice attirandosi il sarcasmo del Pd. «Primo effetto Draghi. Salvini europeista in 24h», commenta il vicesegretario del Pd Andrea Orlando. Una sintonia, quella con il premier incaricato, che Salvini dice di registrare anche sulla lotta al Covid: c'è la necessità di «tornare a vivere». Una «riflessione fatta da Draghi e da noi condivisa».

Il sostegno della Lega a Mario Draghi comunque scombussola i piani di una 'maggioranza Ursula' e rischia di cambiare l’assetto che l’ex presidente della Bce potrebbe aver avuto in mente fino ad oggi per il suo esecutivo: non più un Governo tecnico, sia pure con una forte connotazione e presenza politica, ma un Esecutivo di unità nazionale più simile a quello che fu guidato da Dini. Dunque, ministeri tecnici, eventualmente alcuni anche spuri, con esperti d’area ma non espressione diretta dei partiti.

Con questa configurazione l’asset squisitamente politico potrebbe essere compreso nella squadra dei vice e sottosegretari, con deleghe specifiche. Obiettivo - si ragiona in ambienti politici della vecchia maggioranza - alleggerire Draghi dall’esercizio troppo gravoso del 'bilancino' nella formazione e conduzione del Governo. E rendere la scelta dei ministri più facile da digerire per i partiti, allontanando pericolosi veti incrociati. Eventualmente mantenendo una figura politica nel ministero che simbolizza il rapporto tra governo e camere: quello dei Rapporti con il Parlamento.

Da qui la nuova girandola di indiscrezioni sul toto-ministri: si ripresentano quindi i nomi di Marta Cartabia per la Giustizia, di tecnici come Lucrezia Reichlin, Dario Scannapieco, Daniele Franco o Luigi Federico Signorini per il Mef, anche se quest’ultimo - si sottolinea in ambienti politici - sembrerebbe più orientato a futuri ruoli apicali in Bankitalia. Senza escludere super-manager come Vittorio Colao per le questioni chiave del recovery e delle imprese.

Il premier incaricato ha come obiettivo - si ragiona in ambienti parlamentari - quello di raccogliere una maggioranza più ampia possibile su un programma che coinvolga i partiti sui temi loro più cari, smussando gli angoli sui temi più divisivi. Ad esempio, su agenda green, digitale, spinta all’istruzione, alla formazione, all’occupazione giovanile per chiudere i gap con l’Europa, è più facile il raccordo con i 5 Stelle, magari con un tagliando del reddito di cittadinanza, la loro misura 'bandiera'. C'è invece tempo per affrontare scogli pericolosi come Montepaschi o la partita coi Benetton.

Una delle prime emergenze, trasversale al recovery plan italiano, è costituita dal riavvio dell’attività economica, dove Draghi avrebbe gioco forte a trovare il sostegno della Lega, si rileva in ambienti economici e finanziari. L’ex presidente della Bce punterebbe più sugli investimenti del recovery che sugli sconti fiscali, si aggiunge dagli stessi ambienti. Ma sa bene che la stagione dei ristori e degli aiuti non si chiude dall’oggi al domani. E avrebbe in mente un piano 'forte' per la bomba a orologeria del debito delle imprese. Lo scoglio, con una scadenza temporale a fine anno, potrebbe essere 'Quota 100', è la valutazione che si fa tra i partiti.

Certo, Draghi non rinuncerà al suo europeismo, al rappresentare il recovery come parte del progetto europeo. Se c'è un filo comune col Draghi che tesseva alleanze nel Consiglio Bce e nei tavoli europei e isolava la Bundesbank stringendo un asse d’acciaio con la Merkel, è che fino all’ultimo l’ex presidente della Bce tiene le carte coperte. Ascolta, ma non si lega le mani. Conta sulla forza inerziale che ha provocato un terremoto fra i partiti, riuscendo a mobilitare una maggioranza solida. Mantenerla richiederà un programma asciutto incentrato sui cinque punti essenziali, sono convinte molte forze politiche che hanno incontrato l’incaricato durante il primo giro di consultazioni: lotta alla pandemia, emergenza vaccini, accelerazione della ripresa, coesione sociale, giovani.

 

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