L'uomo che voleva "proporre e non protestare", come disse una volta lui stesso, sarà chiamato alla più delicata delle proposte: convincere Matteo Renzi e Giuseppe Conte a sedere nello stesso governo. È infatti il presidente della Camera, Roberto Fico, ad avere ricevuto dal Quirinale il mandato esplorativo per verificare un governo con l'attuale maggioranza.
Napoletano, classe 1974, pentastellato della primissima ora, Fico avrà per la seconda volta il compito di agevolare la formazione di un governo. Nell'aprile del 2018, quando il presidente Mattarella gli chiese di esplorare la possibilità di un'alleanza Pd-M5S, andò male.
Fu proprio Renzi a stopparlo. E chissà se, questa volta, la calma quasi flemmatica di Fico non riesca a smussare gli spigoli, anche caratteriali, dei leader della maggioranza. L'esordio di Fico nelle "esplorazioni" risale alla fine dell'aprile del 2018. Allora Renzi era nel Pd. Anzi, era il leader dei Dem uscito sconfitto dalle elezioni.
E, in un quadro già difficile per la tradizionale idiosincrasia del M5S per l'ex premier, lo stop di Renzi, arrivato in diretta serale tv, fece franare qualsiasi ipotesi. Ma Fico è un personaggio chiave anche all'interno dell'universo pentastellato. È, infatti, uno dei fondatori (era il 2005) dei Meetup degli Amici di Beppe Grillo, quando il M5S non era stato ancora istituito. Punto di riferimento dell'ala sinistra del Movimento, allergico al governo giallo-verde soprattutto per le sue politiche migratorie, Fico è stato per anni uno dei volti più noti del M5S, fedele ai valori fondativi del Movimento.
Quando i "grillini" balzarono alle cronache i personaggi simbolo erano Fico, Roberta Lombardi, Alessandro Di Battista e pochi altri. Poi arrivò la cosiddetta "seconda generazione", quella capitanata da Luigi Di Maio. Dopo un periodo di difficile convivenza - Fico era uno dei 5 membri del Direttorio - i rapporti tra il presidente della Camera e l'allora, giovanissimo, vice presidente a Montecitorio si incrinarono.
Per mesi Fico fu considerato come il principale riferimento dell'ala ortodossa, quella dei dissidenti che, nella sua agenda, ancora sopravvive (stando tuttavia pienamente al fianco dei governisti e di Conte) nella corrente "Parole Guerriere". Nel 2017, a Rimini, nella Festa 5 Stelle chiamata ad incoronare Di Maio capo politico la frattura si consumò. Fico era tra gli oratori del "congresso" ma, visto che il suo intervento si annunciava molto polemico con la linea dei vertici del Movimento, Grillo lo "bacchettò". E Fico decise di non parlare. Solo un faccia a faccia, prima con Grillo e poi con Di Maio evitò una rottura ancora più fragorosa. Da allora sembra passato un secolo.
Il Fico degli ultimi mesi è tra i principali "avversari" dell'Egitto per il caso Regeni. È uno degli esponenti più in sintonia con Giuseppe Conte, sostenitore di un contenitore anche elettorale M5S-Pd, in linea con la tesi di Grillo di una "netta evoluzione" a cui il Movimento è chiamato. Un'evoluzione che Fico ha tentato di spiegare anche nell'ultima Italia 5 Stelle in presenza, nell'ottobre del 2019, quando nella sua Napoli a lungo parlò con gli attivisti.
A Napoli, Fico, ci torna quando può. Lì è nato, si laureato in Scienze della Comunicazione, ha mosso i primi passi nella politica da elettore di Rifondazione Comunista. Del Napoli è tifosissimo. Lì c'è anche la sua compagna, Yvonne De Rosa, fotografa e madre di una figlia che, in passato, ha a lungo vissuto a Londra. Si conobbero nel 2013 e a volte lì si vede a Posillipo, in uno dei ristoranti che guardano il mare.
A Napoli, Fico, secondo alcuni rumors dei palazzi romani, avrebbe fatto un pensiero anche come futuro sindaco, successore di Luigi De Magistris. Lui ha sempre smentito. Chissà che, se riuscisse a metter d'accordo Conte e Renzi, non cambi idea.
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